Tradizioni librarie
Il Salone del Libro è uno di quei momenti ormai imprescindibili, punti fermi durante l’anno, assieme a Lucca Comics e poco altro, da brevi nerd/secchioni quali siamo.
A dirla tutta, per un po’ aveva rischiato di smettere di esserlo: andandoci di sabato o di domenica, la quantità di gente, la calca, l’impossibilità di godere dei padiglioni appieno avevano iniziato a farmi stancare della manifestazione; poi, qualche anno fa, per una serie di coincidenze ho provato ad andarci di giovedì e la passione è tornata.
Poter girare tra praticamente ogni padiglione guardando tutto con attenzione, con calma, senza fretta e senza pressioni è un piacere immane, un piacere che ora è diventato un rito per me e Miss Sauron.
Quindi oggi è stato il giorno del Salone. Biglietti del treno organizzati in modo da viaggiare accanto nonostante le partenze da città diverse, pranzo al sacco, biglietti preacquistati e alle 11 eravamo all’ingresso del Salone.
Per chi ci andrà nei prossimi giorni: occhio, i controlli di sicurezza quest’anno sono fatto con maggiore scrupolo e, di conseguenza, maggiori code; spero che nei prossimi giorni mettano più gente, ma il rischio di dover aspettare più del solito c’è.
Poi il giro.
Le regole o le abitudini vengono al consolidamento della tradizione: si girano tutti gli stand con calma, se c’è una lista (e sì, Miss Sauron ha sempre una lista) si cerca di visitare gli editori collegati ma, soprattutto, si cerca di non comprare se non ci sono sconti fiera; questa può sembrare una cretinata, ma per quale motivo dovrei comprare in fiera libri a prezzo pieno (senza contare l’ingresso) i libri di editori che trovo tranquillamente on line? E, mi chiedo, per quale motivo ci sono ancora editori che non lo capiscono e non premiamo quei lettori forti che danno loro da mangiare? Capisco (ma non giustifico, né apprezzo) i colossi, ma gli altri? Per noi è ormai un dogma: la fiera deve avere due scopi, libri scontati o libri difficilmente acquistabili al di fuori. Il resto a casa o on line.
Questa piccola, semplice regola fa ormai sì che i padiglioni più grandi vengano solitamente ignorati: Mondadori e Feltrinelli sono repliche, in piccolo, delle loro librerie; mi bastano quelle che ho a Milano e che conosco a memoria, grazie.
Eccezioni ogni anno sono i padiglioni di Adelphi, sempre meraviglioso, ed Einaudi, ma anche di Rizzoli: non ci si compra quasi mai nulla proprio per il discorso sconti, ma le edizioni e le esposizioni sono troppo belle per non andarci.
Discorso a parte, invece, per le case editrici piccolo o medie: in questo caso spesso ci sono sconti o omaggi e si riesce a tornare a casa soddisfatti.
Elliot ci ha trattati bene (e c’è stato pure un notevole momento carramba), Fazi fa sempre il 50% di sconto su un autore diverso ogni giorno, oltre al 15% se si comprano almeno tre libri, EDT fa sempre il 20% su tutto, Codice il 15 (anche se la mattina non era attivo lo sconto, vai a capire queste stranezze).
La chicca poi è lo stand di Logos, con tutti i libri Taschen esposti e al 15% di sconti; da lasciarci il cuore, oltre che il portafoglio.
Deludente, spiace dirlo, Minimum Fax: nessuno sconto e un catalogo che sembra un po’ fermo rispetto all’anno precedente. Peccato.
Momenti speciali:
- sorridere vedendo le classi di bambini e ragazzini portati in giro dagli insegnanti, molto meno generatori di caos di quanto si potrebbe pensare
- poter risalutare Luca Tarenzi e Aislinn, acquistando il nuovo libro di Luca
- fermarsi ad ascoltare per qualche minuto una conferenza di Erri De Luca
- Miss Sauron che gongola costantemente per il suo trolley porta-libri (sì, aveva bisogno di un trolley)
- trattenersi a chiacchierare allo stand del Cicap, con tanto di stretta di mando e dedica da parte di Massimo Polidoro, con Miss Sauron che li ringrazia in quanto ultimi baluardi di civiltà.
E la focaccia, perché non si può andar via senza aver preso un pezzo di focaccia nel primo padiglione.
Non si può.
Si finisce per tornare in stazione, sedersi in attesa del treno, salutarsi dopo un’ora, uno in direzione metropolitana, l’altra su un altro treno.
Stanchi.
Con l’amarezza della separazione.
Ma con la soddisfazione della giornata.
Fino alla prossima tradizione.