239. Buon senso

Comprensione.

Buon senso.

Mettersi nei panni altrui.

Sono concetti di vivere civile che dovrebbero essere basilari nei rapporti interpersonali di qualunque genere: lavoro, amicizia, amore.

Ricordarci che qualcuno agisce per un certo motivo.

Pensare che una parola in più o in meno possa fare un certo effetto alla controparte.

Chiederci, soprattutto, se quell'effetto è ciò che desideriamo e, ancora di più, se è meritato dall'altra persona.

Domande che non solo sono raramente applicate, ma vanno sempre più rarefacendosi.

Di nuovo, in ogni ambito.

Mai come in questo senso la bidirezionalità risulta essere un'utopia e non solo ora: non credo sia mai esistita.

Quando ero ragazzino, mi capitava di arrabbiarmi con miei coetanei per qualcosa che avevano detto o fatto: io magari avevo poi reagito male finendo per esacerbare la situazione.

Interrogato, finivo per spiegare che le mie, in certi casi, erano solo reazioni, che se non fossi stato provocato non sarebbe successo niente.

“Chi ha buon senso lo usi” mi diceva mia madre in quei casi.

E, per molti versi, aveva ragione: se una persona provocava non pensando alle conseguenze, non era forse il caso che io, vedendole, cercassi di evitarle?

Se qualcuno non arriva e non capisce quello che sta facendo e noi invece vediamo in modo più chiaro, non è nostro “compito” cercare di reagire a qualcosa in più che al semplice gesto?

In teoria sì.

Davvero, ne sono convinto.

Però è anche vero che qualcosa, in questo meccanismo, non funziona.

Perché se le persone di buon senso si riducono, se la percentuale va assottigliandosi, il risultato è pericolosamente uno: che gli altri “vincano”, dove per “vincere” intendo che facciano quello che pare a loro senza neanche pagare mezza conseguenza, perché le conseguenze vengono assorbite, evitate o smorzate dagli altri, col risultato che questi altri finiscano per non avere il diritto di essere capiti, per essere quelli che devono sempre capire, sempre mettersi nei panni degli altri, sempre andare incontro, sempre mediare.

Ecco, sapete una cosa?

Anche no.

A un certo punto ci si stufa.

Le energie calano e, fidatevi, le energie necessarie per agire con buon senso sono tante.

La soddisfazione di “fare la cosa giusta” diventa sempre più fine a se stessa.

La voglia di “essere sensati” diventa fantasma di se stessa.

È il momento in cui avere buon senso non sembra più quel grande affare.

Arriva prima o poi.

Magari dopo te ne penti, anzi, quasi sicuramente dopo te ne penti.

Ma prima o poi arriva.

E con esso una serie di vaffanculo accantonati troppo a lungo.

Ma probabilmente la frase rimane valida: “chi ha più buon senso lo usi”, bisogna solo aggiungere che il buon senso è merce deperibile e consumabile se non rinnovata.

Ecco, così definisce molto meglio la realtà.

Aries

Finché potrò continuerò ad osservare. Finché osserverò continuerò ad imparare. Finché imparerò continuerò a crescere. Finché crescerò continuerò a vivere.

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