Eva

Ci sono notizie che è difficilissimo sapere come prendere.

Poco fa ho scoperto che è morta una mia ex-studentessa, una di quei ragazzi che per due anni ho visto crescere quando insegnavo a Busto Arsizio.

Non eravamo in contatto: lei era nella classe forse più irrequieta che avevo, ma si era sempre comportata correttamente con me e la ricordo bene; era una di quelle persone che si mostrava allegra, cazzeggiava, eppure (ma forse è il senno di poi che parla, non so…) a guardarla bene si leggeva un’amarezza di fondo.

C’erano già allora i semi? O è stato un crollo veloce? Fatto sta che sembra si sia suicidata, poco dopo essere andata a vivere da sola.

Ha deciso che non ne valeva la pena, non più.

L’ho detto, non la sentivo, non so cosa si portasse dentro e non so cosa l’abbia spinta a dire basta, se qualcosa la mangiasse da dentro o meno.

Quel che so è che domani non potrà più cercare di rialzarsi, che un giorno non potrà dire, guardandosi indietro con tenerezza, quanto era stata vicina a mollare.

E questo, in una ragazza che aveva undici anni meno di  me, che ho conosciuto quando non aveva ancora affrontato il mondo, che poteva ancora conquistare il suo spazio con denti, unghie e lacrime, mi lascia un amaro in bocca che non so descrivere ed, al contempo, il desiderio di godere ancora più delle vittorie anche più piccole che ho conquistato e conquisterò.

Perché, cazzo, ne vale la pena.

NE VALE LA PENA.

Sempre.

Ciao, Eva, non sai quanto mi spiaccia tu non sia più riuscita a crederlo, non sai quanto mi spiaccia che nessuno sia riuscito ad aiutarti a crederlo, non sai quanto mi spiaccia che ti sia arresa, qualunque fosse il tuo dolore.

Mi spiace tanto.

Ciao, Eva.

Spero almeno tu ora stia meglio.