162. Il dizionario dei cartoni animati
Alcuni anni fa avevo puntato in libreria questo enorme volume che prometteva di essere summa enciclopedica di tutto ciò che c’era da sapere sui cartoni animati di tutto il mondo.
Non lo comprai subito, ma mi fu regalato un po’ di tempo dopo dalla persona con cui stavo con mia innegabile gioia.
Come capita, poi, con volumi di queste dimensioni, rimase per un bel po’ sugli scaffali, in attesa di un momento adeguato per leggerlo o consultarlo.
Quest’estate ho iniziato a dedicarmici, sfruttando la struttura a enciclopedia per leggere delle voci nei tempi morti.
E la delusione è stata piuttosto crescente col tempo.
Faccio una premessa importante: il lavoro di ricerca e catalogazione fatto dall’autore è stato impressionante e degno di nota, qualcosa che solo un appassionato potrebbe fare.
Il problema è che non basta essere appassionati e riuscire a catalogare tante informazioni per essere altrettanto bravi a scrivere un libro del genere.
Difficile decidere da dove cominciare per spiegare quello che ho appena scritto.
Direi dalla lingua italiana. Il libro è pieno di strafalcioni: non semplici refusi che, ormai, siamo abituati a vedere un po’ ovunque, ma proprio frasi grammaticamente scorrette che, assicuro, in certi momenti fanno venire voglia di chiudere il volume.
Secondo punto: le catalogazioni. L’autore ha deciso di dare ad alcuni cartoni delle catalogazioni che imitino quelle di più rinomati dizionari sui telefilm, usando i valori crescenti “Stracotto”, “Cotto”, “Cult” e “Stracult”. Idea innocua, non fosse che il criterio di scelta è talmente personale da includere cartoni oggettivamente di secondo piano e da escluderne altri che, pur non rientrando neanche nel mio gusto personale, sono stati onestamente importanti.
E sempre il gusto personale dell’autore finisce per aggiungere commenti che fanno chiedersi chi sia il suo target: un pubblico ampio o gli amici del bar?
“Daitarn 3 ha la sigla più bella mai scritta”.
Che io sia d’accordo o meno non conta, ma una frase del genere va bene in uno scambio di opinioni tra amici non in un testo enciclopedico che vuole raccontare.
Il modo in cui, poi, vengono fornite le trame è discontinuo e poco coerente. Ci sono cartoni a cui vengono dedicate poche righe (che a volte sembrano prese dal colophon del dvd o qualcosa del genere) e altri in cui il livello di dettaglio diventa quasi morboso. Ovvio, ci sono cartoni che l’autore avrà visto e rivisto e amato con tutto se stesso e altri inseriti solo per dovere, ma la differenza è di nuovo tanto evidente da far storcere il naso. Unita poi agli evidenti problemi di lingua ed esposizione che citavo prima, fa sì che quasi si preferiscano le voci brevi rispetto a quelle lunghe.
Poi le note e le curiosità.
Le note dovrebbero essere aggiunte a quanto detto nel testo. Aggiunte interessanti e, soprattutto, che non diano il sapore della battuta fatta tra amici nerd.
Un esempio: alla fine della voce dedicata a Ken il Guerriero, recita testualmente quanto segue
Ecco un classico esempio di un combattimento tra Kenshiro contro un nemico qualsiasi. Ken: “HUUU TATATATATA TA TA” – Nemico: “Ora ti uccidoooo” – Ken: “Non lo sai, ma sei già morto. Ti rimangono solo 10 secondi di vita” (nel frattempo nell’angolo dello schermo, il cronometro scala i secondi: 10,9, 8, 7…) – “Haaha Haaha! Cosaaa…? Ehh…?” – BOOOM!!!”
Ripeto. Se siete al bar, state scrivendo sul vostro blog o in una mail tra amici va benissimo. In un testo che vuole essere enciclopedico, porca zozza, no.
Le curiosità, ovvero infilare spesso e volentieri un po’ di nozioni debolmente collegate al cartone animato. Questo, almeno, è quello che sembra pensare l’autore mentre il lettore gradirebbe, nel caso, qualche curiosità SUL cartone animato.
Qualche esempio? La biografia (non scherzo) di Cristina D’Avena in calce alla scheda di Kiss Me Licia. Una curiosità poteva essere il raccontare dei telefilm derivati di cui era protagonista e fermarsi lì. Ma la biografia di una che ha “solo” cantato la sigla, se ci riferiamo al cartone? Perché?
Tra l’altro il vizio delle biografie, nelle curiosità, si ripete spesso: a quel punto sarebbe stata molto più adeguata una sezione apposta, invece di infilarle così in fondo a una voce del dizionario.
La sezione immagini è piuttosto ricca, ma anche lei non è esente da difetti. Alcune immagini scelte non sono originali, ma fanart più o meno riuscite, molte hanno didascalie imbarazzanti e, ancora, alcune sono scelte in modo approssimativo: se vuoi mettere un’immagine legata ai cartoni Marvel non puoi prenderne una dei fumetti perché, semplicemente, i personaggi sono simili ma non identici.
Così come non puoi mettere una didascalia “i cattivi Marvel” sotto un’immagine di Alex Ross (ripresa da John Romita) che mostra esclusivamente gli antagonisti dell’Uomo Ragno.
Possono sembrare stupidate e pignolerie, ma da un volume del genere (di tali dimensioni e tale costo) non è accettabile.
Così come non sono accettabili le imprecisioni: ovviamente non conosco tutti i cartoni del volume, ma ne ho visti e ne vedo parecchi, per cui ho avuto modo di soffermarmi su come venivano fornite informazioni al riguardo. Troppe volte ho trovato imprecisioni e inaccuratezze, col risultato di far dubitare anche sulle voci che non conoscevo.
Quindi stroncato in toto?
Rispetto a quel che poteva essere, quasi, sì.
Su Goodreads lascerò due stelle perché, lo ripeto, un lavoro di raccolta del genere è monumentale e degno di un appassionato.
Ma, mi spiace, non basta la passione per scrivere un testo del genere. Proprio no.
“Attenzione – Questo libro può provocare cultura”, dice la prima pagina.
Contenesse anche lingua italiana sempre corretta sarebbe più vero.