159. Letteralmente una vita

Potrei anche non scrivere questo post.
Quanti ne ho scritti, in questa data, negli anni?

Cosa si può aggiungere se non che le cose, nell’anima, restano uguali?

Eppure quanto ingiusto sarebbe non scriverlo?

C’è che sciacqua la memoria periodicamente, chi in qualche modo la resetta.

Io, con la memoria, convivo al punto da creare letti a castello e prendere spazi in affitto aggiuntivo.

La memoria mi rende ciò che sono .

E ricordare il dolore di quella notte e di ciò che venne dopo mi ricorda anche quando la mia vita è diventata tutt’altro.

Sono 19 anni.

Ricordo ancora molto della mia vita prima, le discussioni con te, le litigate, il bene enorme e gli scazzi ancora più grandi.

Li ricordo, ma non li sento. Non li sento quasi più tranne quelle rare volte in cui mi capita di sognarti.

Non li sento quasi più perché si avvicina sempre più il giorno in cui avrò passato più tempo senza te che con te ed è un pensiero che mi soverchia.

Una parte di me è ferma a quel 1996, si chiede che persona sarei diventato (e non sono sicurissimo che mi piacerei).

L’altra ha proseguito la sua vita, cadendo, rialzandosi, sbagliando, sbagliando e ancora sbagliando, ma comunque facendo del suo meglio.

Il risultato è qui, oggi.

E quella parte ferma al 1996 si chiede come ci sia arrivato.

E l’altra parte si chiede, quasi distrattamente, cosa penseresti se fossi in grado di vedermi: avresti da ridire, di sicuro, ma comunque ti vanteresti di tuo figlio, altrettanto sicuramente.

E litigheremmo, non c’è dubbio.

La cosa certa è che a tutte e due le parti manchi.

Io e Mamma

Aries

Finché potrò continuerò ad osservare. Finché osserverò continuerò ad imparare. Finché imparerò continuerò a crescere. Finché crescerò continuerò a vivere.

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