154. Percorso
In questi giorni ho deciso di digitalizzare il maggior numero di vecchie foto che ho in giro per casa.
Sono tante, tantissime e il pensiero che prima o poi possano andare perdute mi ha fatto propendere per fare questo passo.
L'effetto collaterale è quello di vedere tutte o quasi le mie vite passate e, in molti casi, non riconoscermi più.
Vedo il me stesso a sei mesi, su una seggiola sul tavolo dello stesso soggiorno dove ora sta dormendo Zen, guardando il mondo sorridente.
Vedo un bimbo di cinque anni, vestito da zorro e con la faccia sbarazzina.
Vedo il ragazzino alle elementari, con gli occhiali messi da poco, sovrappeso, ma alla fine contento com'era.
Vedo il sedicenne.
Lo vedo in giro mano nella mano con quell'amica che non divenne mai ragazza solo per pura incapacità, inesperienza e timidezza.
Lo vedo vestito in modo imbarazzante, molte meno sovrappeso di quanto mi ricordassi, molto più “normale” di quanto pensassi.
E gli vorrei dire di darsi una mossa, svegliarsi, essere al suo potenziale. Ma so anche che lui non mi ascolterebbe. Lui.
Vedo il ventenne con un microfono un mano o vestito da Fantasma dell'Opera alla festa di Halloween fatta prima che Halloween diventasse una moda o ancora a Capodanno nella sua taverna con più di trenta amici a cantare e ballare fino alle sei del mattino.
Vedo il venticinquenne ancora coi capelli, con una scelta fatta più grande di lui, con una faccia che sembra quella di mio zio, senza barba, con occhiali enormi.
E in tutti non vedo più me stesso, non quello che sono ora, non ciò che sono diventato.
Quel che vedo è un percorso.
Ad ostacoli, pieno di bivi, dissestato, a volte con strade bloccate che andavano aggirate.
E quel percorso mi ha portato qui, oggi.
Sicuramente non sono l'uomo migliore che esista, sempre che ne esista uno.
Però sono più completo di quanto fossi a 20, 25, 30, 35 anni e meno di quanto sarò a 42.
Sono un mosaico di tutti quei volti scattati in quelle foto che neanche riconosco più: l'insieme delle loro speranze e dei loro sbagli, delle convinzioni confermate e di quelle deluse, delle cazzate e delle scelte migliori.
Sono io.
Coi miei difetti, coi miei traumi, coi dolori, gli errori, le gioie, le soddisfazioni, le delusioni, i rimorsi, i sensi di colpa.
Sono io.
E mi guardo allo specchio senza abbassare lo sguardo.
E non posso fare a meno di pensare che poteva andarmi peggio.
Molto peggio.
zorro???? no dai non ci credo……vederevedere!!”!!!!!!
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