123. Cercarsi al di fuori

Cercare negli altri ciò che faremmo noi.

Lo facciamo tutti, chi più, chi meno, in molti nostri rapporti.

Lo facciamo al punto che potremmo scoprire molto di una persona basandoci sulle accuse che rivolge ad altre sulla base di impressioni o indizi:

– “ah, sicuramente la dà via per arrivare dove vuole” spesso significa “ah, io la darei via per arrivare dove voglio”

– “figuriamoci se non ha svuotato quel portafogli trovato per terra” si traduce in “io l’avrei fatto di sicuro”

– trovare un doppio senso o un significato malizioso in una frase normale implica che la malizia appartiene a chi l’ha trovata.

Insomma, un interessante studio sociologico, se vogliamo.

I casini, però, si presentano quando questo vedere o cercare negli altri ciò che diremmo o faremmo si trasforma in aspettative.

Pensare che gli altri (estranei, amici, partner) si comporteranno verso di noi come noi faremmo verso di loro.

Certo, spesso capita (o dovrebbe) almeno con amici e partner, altrimenti in teoria non dovrebbero essere tali.

Ma ci sono le eccezioni e fanno male, parecchio male.

Male perché per noi certe cose sono normali, naturali, istintive e vedere che per la controparte non lo sono pone domande di cui non sempre conosciamo o vogliamo conoscere la risposta.

“Se non agisce così non mi è amico?”.

“Se non agisce così mi ama meno?”.

“Sono io a pretendere troppo?”

E via avanti in questo modo.

E purtroppo la risposta non è univoca.

Certe volte sì, probabilmente pretendiamo troppo o, mettiamola così, siamo disposti a dare troppo rispetto a quel che dovremmo e non abbiamo “diritto” di chiedere altrettanto.

Altre, purtroppo, non è così.

E quel non agire allo stesso modo può significare avere un “livello di amicizia” diverso, un sentimento vissuto diversamente o, nei casi più gravi, non vivere lo stesso sentimento.

Una cosa, però, rimane comune in ogni caso: che siamo in “torto” o “ragione” (spesso non ne esistono) quella differenza pesa sull’anima.

Pesa sul sentimento.

Può pesare sul rapporto.

Tanto da spingerci a chiedere riscontri, a capire se siamo noi sbagliati o quel dolore è giustificato: perché un dolore del genere, se giustificato, almeno ha senso, almeno ci dà qualcosa. Altrimenti è solo male autoinflitto, il peggiore che esista.

Come la si gira, l’aspettativa basata sui nostri sentimenti può fare tanto male, anche se motivata.

Molti la risolvono cercando di non aspettarsi nulla dagli altri.

In tal modo ogni cosa che dovesse arrivare sarebbe un dono di cui gioire sorpresi.

Ma, a parte la difficoltà e la cinicità di un pensiero del generem come si può non aspettarsi nulla da chi riteniamo amico?

Come si può non aspettarsi nulla da chi amiamo, soprattutto in certe situazioni e condizioni?

I rapporti interpersonali si basano su dei presupposti e, se questi vengono a cadere, riescono a fingere di avere basi per un tempo variabile: ma prima o poi, se i presupposti non vengono riparati o puntellati, crollano e il tonfo si sente anche a molta distanza.

E quindi?

Quindi niente.

È una di quelle volte in cui non c’è soluzione.

Solo affrontare le delusioni. Comprenderle. Capire se sono motivate o meno.

E sperare che non spezzino nessuna delle colonne portanti.

PS: il vedere negli altri ciò che faremmo noi funziona molto anche al negativo.

Aries

Finché potrò continuerò ad osservare. Finché osserverò continuerò ad imparare. Finché imparerò continuerò a crescere. Finché crescerò continuerò a vivere.

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