120. Un giorno all’Expo
E così è arrivata anche per noi la visita di rito all'Esposizione Universale.
Armati di biglietto, curiosità e tanta buona volontà ci siamo fatti i nostri 45 minuti di metropolitana per essere in fiera all'apertura (alle 10) e ne siamo usciti alle 18 passate con piedi fumanti e voglia di una doccia.
Ma ci è piaciuto? Ne è valsa la pena? Siamo contenti di esserci andati?
Non è una domanda a cui rispondere “sì” o “no”, onestamente.
Anzitutto perché Expo è, come previsto, enorme ed è impossibile da visitare in un giorno: non pensateci neanche non ce la farete, non c'è verso.
Non solo per la quantità di Paesi presenti e la superficie coperta, ma anche perché molti padiglioni non sono a visita libera ma prevedono un percorso guidato, automatico o con guide, che comporta tempistiche definite, entrate a scaglioni e, pertanto, code all'esterno.
Code che, come nel caso del Giappone (che per questo motivo non abbiamo visitato) possono raggiungere 1 ora e 40 di attesa. E, mi spiace, ma un'ora e quaranta minuti in piedi fermo al caldo non la faccio se non per il concerto del mio cantante preferito, sicuramente non per il padiglione di un qualsiasi Paese.
Detto questo, ovviamente l'esperienza Expo è strettamente legata ai padiglioni visitati e a quanto tali padiglioni siano in linea con noi: impossibile, onestamente, che gli stessi piacciano universalmente a tutti e diffidate, pertanto, di chiunque vi dica quali sono senza dubbio i migliori e peggiori.
Certo, seguite qualche dritta, ma andate in quelli che vi interessano o vi ispirano.
Noi siamo riusciti a visitarne forse un terzo o poco più, perdendocene un paio che magari ci avrebbero interessato e scegliendone alcuni tanto per provare.
Il risultato?
Anzitutto che ci sono diversi padiglioni che sono molto più belli all'esterno che all'interno e che promettono uno stile che poi non riescono a mantenere. Un esempio può essere quello della Bielorussia, ma vale anche per diversi altri.
Poi la fedeltà all'argomento “Nutrire il mondo”. Diciamo che se “Nutrire il mondo” fosse stata la traccia di un tema, alcuni Paesi/studenti avrebbero ricevuto una scritta rossa “fuori tema” e altri un avviso “giusto, ma potevi approfondire di più”.
Ecco, la sensazione in alcuni padiglioni è che si sia passati da “nutrire il mondo” a “com'è fatto il nostro paese?”: interessante, in certi casi anche più del tema originale, senza dubbio, ma comunque non è questo l'argomento dell'esposizione.
Altri, invece, hanno fatto il compitino: qualche audiovisivo sulla produzione agricola o sulla pesca, un po' di scenografia e via andare.
Da questo punto di vista il premio di “padiglione presa per il culo 2015” (tra quelli visti, lo ripeto) va all'Iran. Molto gradevole esternamente, quando si entra lungo una salita in mezzo al verde ci si trova cinque o sei reliquie non particolarmente degne di nota sulla sinistra e sulla destra un enorme pannello luminoso in cui un testo, tradotto male, spiega come sia buono il Kebab in Iran. E basta. La frase finale è “quando verrete in Iran ricordatevi di ordinare il Kebab”. Superato questo momento di enorme approfondimento si scendono le scale, si trova un ristorante iraniano (mi sarei aspettato il cartello “ecco, ora ordinate il Kebab”) e stop. Questo è il padiglione dell'Iran. Dieci minuti della mia vita che sarebbero stati meno sprecati leggendo le istruzioni su un pacchetto di cerotti.
Alcuni Paesi, poi, hanno spinto davvero un po' troppo sull'aspetto propagandistico dell'esposizione. In testa (neanche a dirlo) Russia e Israele. A sentire loro il resto del mondo mangia grazie a ciò che producono o che hanno donato al mondo e sarebbe carino si mettessero d'accordo tra di loro, intanto. Un piccolo brivido di disagio, però, l'ho provato quando il filmato (molto ben fatto, diciamolo) del padiglione israeliano ha ripetuto più volte che “lo scopo di Israele è quello di far mangiare e sorridere le popolazioni di tutto il mondo, tutti i miliardi di esseri umani”. Ecco, il mio pensiero (e non solo il mio) è stato: sì, tutti. Tranne a Gaza.
Molto interessante, invece, il padiglione della Malaysia, con un approfondimento utilissimo e controcorrente sull'olio di palma.
Evocativo il padiglione cinese, con uno splendido gioco di luci e varie sezioni dedicate a pitture rupestri (ecco il famoso fuori tema) ma anche alla preparazione del the e ai modi di cottura del tofu (che una visitatrice ha ovviamente scambiato per la feta, ma non stiamo a sottilizzare) e dell'anatra.
Caciarone e tecnologico il padiglione USA (ma il food track merita una visita da chi vuol mangiare hamburger o hot dog) che, quasi simbolicamente, si trova accanto a quelle del Kuwait e usano all'ingresso gli stessi giochi d'acqua che compongono parole.
Geniale il padiglione UK che ha replicato un alveare fisicamente presente nel Regno Unito e collegato tramite accelerometro e connessione dati così da replicare, tramite luci e suoni, il movimento delle api al suo interno. Avrebbero potuto essere banali, hanno costruito uno dei più bei padiglioni visti.
Così come è stato un bel viaggio quello nel padiglione del Marocco: replicate le sensazioni fisiche e tattili dei vari ambienti climatici, proposti i vari prodotti (alimentari e non), condotti su un percorso di apprendimento breve ma avvolgente. Assolutamente meritevole (e Miss Sauron si è anche gustata un ottimo the marocchino).
Una segnalazione anche per il padiglione turco, che replica la piazza di un villaggio e propone anche una piccola mostra legata al loro tipico caffè.
Splendide le opere d'arte presenti nel padiglione Slovacco. Fuori tema ma splendide (e sono gli unici, tra quelli visitati, che ci hanno dato un tablet come guida al padiglione).
Deludenti, se non perché ci si trovano sempre ristoranti o bar, i vari cluster: dedicati a un argomento (caffè, spezie, frutta, riso) certe volte i paesi partecipanti rispettano il tema, ma troppe altre ci si trova in mezzo a un mini bazar con nessun legame se non il paese di provenienza. Però, ripeto, ci sono diversi punti dove si può mangiare bene.
E, tal proposito, noi dove abbiamo mangiato? Neanche a dirlo, per chi conosce Miss Sauron, abbiamo trovato un cluster sui paesi mediterranei dove c'era un buon ristorante libanese: un antipasto vegetariano misto a 15 euro a testa; non certo economico, ma di sicuro di ottima qualità.
Ma quindi Expo è caro per mangiare come dicono? Dipende. I ristoranti nei padiglioni non sono quanto di più economico potreste trovare, ma spesso equivalgono come prezzi ai locali di cucina tipica di fascia medio alta che si trovano in una grande città. Sia in certi padiglioni che in giro, però, ci sono posti dove mangiare street food tipico o generico, in cui ci si ciba bene e a buon mercato. Nel caso peggiore avete i ristoranti Eataly (anche se non comprendo perché mangiare italiano a Expo, ma è un problema mio). Niente, comunque, vi giustifica se vi fermate a mangiare da MacDonald's o nelle pizzerie “tipo spizzico” che si trovano nei punti di servizio. Siete in un'esposizione sul cibo, suvvia, un po' di fantasia!
Per bere nessun problema: ci sono diversi punti di ristoro in mezzo ai padiglioni che distribuiscono acqua fresca sia naturale che frizzante totalmente gratis. Tutto sta a riconoscerli: noi ci aspettavamo delle fontanelle e non ci eravamo accorti di averli visti in giro finché non abbiamo chiesto indicazioni. Si tratta di vere e proprie postazioni con quattro rubinetti su altrettanti angoli, due di acqua naturale e due frizzante. Nota interessante: finito Expo verranno riutilizzati in varie città.
Sicuramente sto scordando qualcosa, ma troppe informazioni (soprattutto se molto simili tra loro) tendono a fondersi insieme.
Il riassunto è: sì, sono stato contento di andare a Expo e di poter visitare certi padiglioni, ma mentirei se dicessi che si tratta di una di quelle visite memorabili che non finirò mai di raccontare.
Ci tornerò? Forse una sera, col biglietto ridotto, difficilmente a prezzo pieno, nonostante la curiosità per certi padiglioni rimanga. Ma magari me la toglierò negli anni visitando i paesi stessi.
Interessante, grazie!
Piacere mio 🙂