111. Tre uomini.
Tempo fa, chiacchierando con Miss Sauron, mi sono reso conto che quando parlo di certi Paesi finisco per avere un’immagine mentale che va formandosi e che, in qualche modo, dona loro un volto o, se vogliamo, un avatar.
Provo a raccontare i tre più definiti, per ovvi motivi, ma parto con una premessa doverosa (anche se non dovrebbe esserlo): queste non sono generalizzazioni, non sono modi di dire che tutti gli abitanti di una certa nazione sono in un certo modo o altre cazzate del genere. Si tratta di immagini mentali. Di associazioni. Di impressioni. Se non lo capite fatevi un favore e non leggetemi, ok?
Il Regno Unito. È un aristocratico ormai di una certa età. È stato ricco. Molto ricco, con magioni, servitù, boschi interi a sua disposizione. Non che ora stia male, sia chiaro, ma di sicuro non ha più tutti quei soldi. Non si è mai abituato al fatto che le cose non si facciano più in un certo modo. Che non ci sia forma. Che non ci siano regole o almeno che lui non le conosca più, perché le uniche regole valide erano le sue. Non si mischia volentieri con gli altri, più per poca abitudine che per poca voglia, ma alla fine quando si superano i suoi muri sa essere di compagnia. Guarda i suoi figli con sospetto, a volte scuotendo la testa, altre annuendo fiero. Loro appartengono a questo mondo e crescono con lui. E, ma non lo ammetterà mai, anche a lui questo mondo non dispiace.
Gli Stati Uniti. Sono un trentenne ricco. Ricchissimo. Ha forse più soldi di quanti l’aristocratico di cui sopra abbia mai avuto. Non conosce l’etichetta, anzi, gli sembra assurda e si diverte a prendere in giro l’aristocratico per la sua rigidità ma, sottto sotto, un po’ lo ammira. Dicono tutti che abbia ereditato la sua fortuna, ma non è vero. Aveva un certo gruzzolo di famiglia, certo, ma poi ha saputo farlo crescere, anche con metodi poco leciti. Sarebbe di buona volontà. Spesso ha buone intenzioni. Ma è ancora troppo giovane, si è arricchito troppo presto, ha troppo poco passato per riconoscere sempre giusto e sbaglialto. Non è cattivo. Non sempre, non volontariamente. Sa fare del gran bene. Ma sa fare anche danni enormi di cui non sempre si accorge. Non sempre gli altri lo amano, ma i suoi soldi fanno comodo e il suo carattere lo fa spesso perdonare. Crescerà. O almeno l’aristocratico continua a sperarlo.
L’Italia. Quando era giovane tutti si complimentavano per la sua bellezza e la sua simpatia. Gli offrivano da bere, lo invitivano perché era di compagnia, gli davano pacche sulle spalle e lo facevano parlare nella sua lingua pittoresca, anche se spesso non lo capivano. Ora ha cinquant’anni e ancora cerca complimenti per la sua simpatia e la sua bellezza. Ma le battute sono sempre quelle e ormai hanno stufato. E la bellezza, mai curata perché un vero uomo non deve curarsi, è ormai sfiorita e appesantita. Cerca di farsi capire, ma non ha mai ritenuto opportuno imparare un’altra lingua, ha sempre pensato che la sua simpatia gli sarebbe bastata e gli altri si sono stufati di sforzarsi. Lo guardano infastidito. Non lo scacciano per un rispetto verso il passato, ma fosse per loro potrebbe andare a farsi un giro. L’aristocratico, quando sono da soli, ripete che lui l’aveva sempre detto che di quel tizio non ci si poteva fidare, ma anche lui rideva ai tempi d’oro. Il cinquantenne non vede o non vuole vedere, ma intanto guarda il trentenne, lo invidia e cerca di imitarlo pensando di valere altrettanto. E non si accorge che anche ora basterebbe darsi una ripulita, imparare una lingua, parlare da pari a pari per tornare a valere. La bellezza si può in parte recuperare. La simpatia si può ripulire. Basterebbe quell’intelligenza che si è scordato di avere.