51. Lettera aperta ai compagni di viaggio

Gentile Viaggiatore.

Da (s)fortunato tuo compagno di carrozza/mezzo di trasporto mi sento in dovere di fornirti qualche indicazione affinché il nostro periodo di mai troppo breve confidenza possa trascorrere senza incidenti quali arti amputati, vite terminate prima del dovuto e simili.

Abbassa la suoneria del cellulare. Non mi interessa se si tratta del più grande hit del momento, del maggiore classico della vita, di Mozart, del Boss o di Gigi d’Alessio (anche se in questo caso qualche domanda, fossi in te, me la porrei): metti il vibracall. Non perderai nessuna chiamata. E anche se la perdessi ti richiameranno. E se non dovessero chiamarti non era importante. Comunque sia non mi rompere le palle con la tua suoneria.

Corollario del punto sopra. Tieni la voce bassa. Non mi frega una fava dei fatti tuoi. Di dove stai andando, da dove vieni, chi ti ha tradito, cosa ti ha detto il tuo ragazzo, cosa gli hai risposto, se hai passato l’esame, se tuo figlio ha defecato. Ti sembrerà incredibile che tali informazioni non siano fondamentali nella mia vita e, probabilmente, troverai destabilizzante che si possa vivere senza esserne a conoscenza. Facciamo così. Io correrò il rischio, tu fattene una ragione.

I posti sono numerati. Non è difficile, è un po’ come a tombola: sul tuo biglietto c’è un numerino e tu ti siedi in corrispondenza dello stesso numerino. Visto? Facile, no? Poi, ovvio, può capitare di sbagliarsi. Ma magari se te lo si fa notare potresti dire “ah, mi scusi” e toglierti velocemente. Le facce scocciate non sono previste. Le risposte “ah, ma non è lo stesso?” neanche. Certo, sempre che tu non voglia mi sieda su di te. E con la mia massa non ne saresti contento, fidati.

Altro corollario. La tua borsa va nello spazio borse. Non sul mio sedile. Non dove dovrei mettere le gambe. Nello spazio borse. E, di nuovo, non sbuffare se ti chiedo gentilmente di toglierla. Avrei potuto essere molto meno gentile, te l’assicuro.

Tuo figlio è tuo. Dolce, carino quanto ti pare, ma tuo. Devi prendertene cura tu. Se urla cerchi di calmarlo. Se mette i piedi sulle poltrone glieli fai togliere. Se si caga addosso lo cambi in bagno. In bagno. Non sul tavolino della tua poltrona. Perché, notiziona, a me di sentire l’odore di merda mentre viaggio non va molto. E no, quella dei bambini non è santa. È merda. E a volte puzza più di quella degli adulti. Dato che io non ho preso parte al concepimento di tuo figlio (a meno che non fossi davvero molto ubriaco) non sono tenuto a sorbirmi la sua merda. Tu sì. Regolati.

Se state viaggiando in gruppo e vi state divertendo sono felice per voi. Ma noi non siamo in gruppo con voi e gradiremmo viaggiare in santa pace. Le canzoni, i simpaticissimi scherzi goliardici, le urla, i pettegolezzi, ecco, magari evitateceli. Di nuovo, vi sembrerà assurdo, ma dei fatti vostri non ci importa nulla. Del nostro libro o del nostro telefilm o del nostro fumetto sì.

La manicure si fa a casa. O da professioniste che hanno locali preposti allo scopo. La poltrona sul treno non è né uno né l’altro. Senza togliere che vederti spulciare le tue unghie mi fa ragionevolmente schifo. E tu, che lo fai, pure.

Non rompere le palle a chi lavora. Lamentarti con un controllore di Italo perché la stazione di Porta Garibaldi non ha gli ascensori funzionanti dimostra solo due cose: che sei un rompipalle e che non conosci la differenza tra una società e un’altra. E non ti fa ottenere nulla, per inciso.

Lavati. A maggior ragione ora che arriva il caldo. Che non vuol dire profumati, ma usa acqua e sapone e scrostati. Chiunque ti abbia detto che il tuo sudore non puzza ti ha mentito. Chiunque abbia detto che il tuo odore naturale è afrodisiaco ti ha raccontato cazzate. Se non ti lavi puzzi. Se puzzi mi disgusti. Se mi disgusti potrei fartelo notare gentilmente. O meno gentilmente. Poi non ti offendere, eh?

Sicuramente sto scordando qualcosa, ma vorrei anche darti un breve riassunto che potrebbe esserti utile: non mi rompere le palle e io non le romperò a te. Lasciami fare un viaggio tranquillo leggendo, dormendo o guardando un telefilm e saremo felici entrambi. Addirittura potremmo scambiare quattro chiacchiere. Addirittura.

Con illusa speranza.

Il tuo compagno di carrozza/aereo.

Aries

Finché potrò continuerò ad osservare. Finché osserverò continuerò ad imparare. Finché imparerò continuerò a crescere. Finché crescerò continuerò a vivere.

Potrebbero interessarti anche...

2 risposte

  1. Chiara ha detto:

    Sottoscrivo da sorella pendolare! 😉

Lascia un commento

Questo sito utilizza Akismet per ridurre lo spam. Scopri come vengono elaborati i dati derivati dai commenti.

Consenso ai cookie GDPR con Real Cookie Banner