11. Crepuscolo
È strano come certi ricordi ci rimangano addosso, legati a sensazioni, a interruttori scatenanti che non sempre abbiamo ben chiari neanche noi finché non si presentano.
In questo periodo dell’anno, arrivata l’ora legale e con le giornate che si allungano sempre un po’ di più, arriva quel momento, tra le 19.30 e le 21, direi, che da piccolo , d’estate, vivevo come una sorta di istante magico.
Sparito (o quasi) il caldo della giornata, cenato (noi alle 19 cenavamo, oh), uscivamo nel cortile della casa in campagna e ci rilassavamo.
C’era quel silenzio che precede la sera, quando i rumori del giorno (anche in campagna) ormai se ne sono andati e i suoni notturni ancora non sono arrivati.
C’era quella luce che permetteva di far finta che fosse ancora giorno, ma che si sapeva sarebbe durata poco.
E si stava seduti all’aperto.
A chiacchierare.
A innaffiare le piante.
A giocare a bocce su un cortile pieno di buche, perché non avevamo bisogno di un fondo serio per divertirci.
A volte magari si decideva di fare la pazzia di andare ad Arona sul Lago o andare ad assistere alla festa del paese dove poteva addirittura capitare come ospite Betti Curtis (ho visto cartelli “Betti, sei tutti noi”. Non chiedete.).
Era una coccola e neanche me ne rendevo conto.
Così, quando si avvicina la fine di aprile e le giornate si allungano, mi scopro ad ammirare il momento in cui il crepuscolo raggiunge la città.
E anche Milano sembra farsi un filo più silenziosa in vista della notte.
E anche fuori dal quinto piano sembra che per un attimo qualcosa si fermi.
E anche oggi vien voglia di uscire, sedersi all’aperto, coccolarsi.
Magari una sera lo faccio.
Magari una sera trovo anche un cortile pieno di buche su cui giocare a bocce.
Magari.