Harry potter e la pietra filosofale

Scrivere un commento ad un libro che è diventato praticamente un punto fermo per molti è davvero difficile: impossibile dire qualcosa che non si sia già detto e troppo facile cadere in commenti brevi ed inutili.

Così ho deciso, semplicemente, di fregarmene e di parlarne come se nessuno, o quasi, ne avesse sentito parlare: ci sarà pure qualcuno che deve ancora leggerlo come me, giusto?

Il mondo di Harry Potter non è esattamente il nostro, o meglio, potrebbe esserlo e noi potremmo non rendercene conto

Fatto sta che nel mondo di HP esiste la magia, quella vera, classica, fatta di formule magiche, bacchette, scope e chi più ne ha più ne metta: nessuna reale rivisitazione (quale, ad esempio, quella fatta da Stroud nella saga di Bartimeus); è la magia con cui siamo cresciuti da bambini, senza se e senza ma.

La novità sta nel fatto che la magia, in questo mondo, viene insegnata a scuola: certo, non a tutti e non in tutte le scuole, ma in alcuni luoghi molto speciali a ragazzi “predisposti”.

Harry Potter è uno di questi ragazzi, anzi, a dirla tutta è probabilmente qualcosa in più: scampato miracolosamente da piccolo a una minaccia che avrebbe ucciso chiunque altro, Harry cresce ignaro delle proprie doti finché…

E da qui nasce la saga che, dicevo, ha emozionato centinaia di migliaia di persone.

Compreso me?

E’ presto per dirlo: indubbiamente il primo romanzo è la base, è ciò che ci fa conoscere i personaggi, le logiche, le premesse e le interazioni; è paragonabile, senza farmi temere di essere troppo insultato, alla prima stagione televisiva di Buffy: gradevole, divertente, con la voglia di leggerne di più, ma ancora presto per definire travolgente.

Posso dire che le basi ci sono, che la curiosità è forte e che i personaggi e le loro potenzialità mi piacciono parecchio; una cosa è certa: l’ho letto in due o tre sere e mi sto costringendo a non buttarmi subito sul secondo; direi che come risultato non c’è male, no?