Cronache del dopobomba
Anche un argomento trattato in praticamente ogni forma come il post-guerra nucleare può essere visto sotto un”ottica innovativa ed affascinante se messo nelle mani di un genio come Philip K. Dick.
E’ quel che succede con “Cronache del dopobomba”, romanzo meno onirico del solito ma non per questo privo di quei viaggi nnella mente umana a cui l”autore ci ha abituati.
Il romanzo parte da un presupposto, come dicevamo, già visto: in un vicino futuro (per l”autore) scoppia una guerra nucleare; non è compito del libro raccontarci del motivo di tale scoppio né degli svolgimenti del conflitto, a Dick non interessano minimanete questi argomenti: l”autore si vuole infatti concentrare sui sopravvissuti, dandoci scorci delle loro vite poco prima della bomba e nei mesi ed anni successivi al cataclisma.
E’ sempre un piacere vedere la capacità di Dick di raccontare le varie ramificazioni che può assumere la mente umana, senza perdersi in facili pietismi o in immagini volutamente emotive: è così che ci può mostrare persone inizialmente mediocri diventare elementi centrali di una piccola comunità , è così che non ci permette di sentire vicinanza per personaggi che, menomati fisicamente, risultano spesso controversi se non del tutto oscuri, è sempre così che scopriamo come si può sopravvivere ad un disastro del genere e cercare di costruire di nuovo qualcosa da zero; d”altronde è risaputo come l”essere umano sia in grado di adattarsi praticamente a tutto, no?
Compresa la disperazione, compresa una strage insensata, compresa una vita solitaria in orbita, comprese mutazione genetiche inimmaginabili.
E proprio le mutazioni sono uno dei punti di forza di questo libro: né esclusivamente positive, né esclusivamente negative, mostrano l”imprevedibilità della natura anche in risposta ad una catastrofe esclusivamente umana; ed ecco che incrociamo cani e gatti quasi in grado (letteralmente) di parlare, animali non identificabili con nulla di conosciuto o gemelli siamesi in cui uno dei due è (anche qui letteralmente) quasi un parassita dell”altro.
Non c’è eccesso di speranza, non c’è eccesso di disperazioni, c’è realismo: non il realismo di una storia “vera”, ma quello di un”umanità fin troppo reale, tra pregi e difetti.
Bello, come sempre.
ecco, adesso sono curiosa di sapere ESATTAMENTE qual’è la bella novità ….
Eh… lo scrivessi poi dovrei uccidere chi legge 😉