Su parole, amicizia ed altre amenità

Neanche tanto tempo fa (anche se sembra una vita) avevo scritto dell’importanza che hanno per me le parole, di quanto mi deprima (per non dir peggio) il fatto che siano state spesso spogliate del loro vero significato.

In questi giorni, per ovvi motivi, ne ho avuto ulteriore conferma, in un susseguirsi di situazioni che mi hanno portato (e mi stanno portando) anche a rendermi ulteriormente conto di quanto i sentimenti veri vengano fuori solo e soprattutto in certi momenti.

E così  in questi giorni che ho potuto “apprezzare” quanto può essere vuoto un “mi dispiace” se detto da qualcuno che, in realtà , ha voglia di pensare il prima possibile a qualcos’altro e quanto, al contrario, possa essere pieno se detto da qualcuno che col suo sguardo tocca il tuo dolore.

Ho potuto vedere come ci siano persone che non hanno bisogno di dire “ti sono vicino” per esserlo, ho sentito la voglia di essere presente fisicamente da parte di persone troppo lontane per potercela fare ed ho scoperto quanto invece qualcuno che avrebbe potuto abbia avuto altro da fare.

Ho potuto sentire l’Amicizia, quella maiuscola, di chi è stato presente e di chi avrebbe voluto esserlo più di ogni altra cosa ed ho avuto modo di scoprire l’amicizia minuscola, quella di chi se l’è cavata col minimo sindacale, tanto per grattarsi la coscienza da quel fastidioso prurito.

Ho avuto l’ulteriore dimostrazione che ci sono persone, o presunte tali, che pensano il dolore sia a “scadenza”: ci si dimostra dispiaciuti appena se ne viene a conoscenza, ma poi lo si toglie velocemente dai propri pensieri, insieme, ovviamente, a chi quel dolore continuerà  a provarlo ogni giorno.

Conferme e delusioni, insomma.

Ho avuto segni di affetto da persone insospettabili e frasi di circostanza da persone da cui mi aspettavo almeno un abbraccio.

Ho avuto messaggi toccanti da chi non mi conosce neanche di persona e messaggi glacialmente impersonali da chi ha condiviso con me anni della propria vita.

Soprattutto ho potuto vedere quanti sentono ciò che dicono, quanti sentono senza dire e quanti dicono senza sentire.

Ed alla fine di questo periodo una cosa sarà  certa: la maggior parte degli ultimi dovrà  essere fuori dalla mia vita.

Gli altri? Gli altri potranno sempre contare su di me, come e più di prima.

Aries

Finché potrò continuerò ad osservare. Finché osserverò continuerò ad imparare. Finché imparerò continuerò a crescere. Finché crescerò continuerò a vivere.

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4 risposte

  1. BabaAlRhum ha detto:

    Non sai quante volte mi è capitato, davanti al dolore di una persona vicina, di rimanerne totalmente imbarazzata.

    Di vergognarmi proprio di dire qualcosa.

    So che questo mio atteggiamento può far pensare ad un disinteresse, e per questo amo la possibilità  di scrivere.

    Forse, come dici tu, certe sensazioni le leggi negli occhi di chi ti sta di fronte, ma non sai come spesso avrei voluto dire una parola e non ne sono stata capace.

  2. Aries ha detto:

    Sì, ti assicuro che si capisce quando una titubanza nasce da imbarazzo o da disinteresse: si sente e si legge negli occhi.

    E tu, tra l’altro, hai dimostrato perfettamente come si possa mostrare il proprio interesse anche con poche parole: il messaggio che mi hai scritto qualche giorno fa è stato importantissimo, te l’assicuro.

    Un abbraccio

  3. Hibernia ha detto:

    L’amicizia, così come l’amore, spesso non ha bisogno di parole per mostrarsi.

    A volte basta solo dire un “ti voglio bene” con il cuore e che mille parole gentili e false.

  4. Aries ha detto:

    Magari poi ci si aggiungessero delle azioni non farebbe schifo, sai?

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