E’ vent’anni che ho vent’anni
Dario Cassini è un comico.
Magari meno famoso al grande pubblico dati i suoi monologhi non sempre delicatissimi che per un lungo periodo l’hanno relegato in seconda serata, ma la sua intelligenza e la sua arguzia sono eguagliate solo dalla Littizzetto e da pochi altri, secondo me.
I monologhi assolutamente non politicamente corretti che Cassini fa (o meglio, ha fatto) verso molte categorie femminili sono esilaranti dal primo all’ultimo (e vi consiglio un giretto su Youtube per capire cosa intendo) e sono stati raccolti nel suo primo libro, dall’esplicativo titolo "Tranne mia madre e mia sorella".
Pochi giorni fa ho trovato in libreria il suo secondo libro (che ovviamente dà il titolo a questo post) che rappresenta anche il suo primo pseudo-romanzo.
Scrivo "pseudo" perché è evidente che Cassini abbia voluto sperimentare una specie di narrazione meno ad episodi per ottenere un risultato di più ampio respiro, sicuramente più onirico ma indubbiamente altrettanto divertente.
Il protagonista del romanzo è… Dario Cassini, o meglio un suo omonimo alter-ego che per vivere scrive frasi funebre e che, incapace di invecchiare, si ritrova ad andare da un atipico psichiatra/chef che con qualche tecnica piuttosto… originale… riesce a metterlo di fronte ai suoi bisogni ed alle sue paure.
Il tutto, dicevo, con una narrazione abbastanza particolare, più volte psichedelica (soprattutto quando racconta certi suoi sogni al medico) ed a volte anche un po’ più intimista di quanto ci si aspetti: ne esce fuori un libro originale, divertente e piuttosto sorprendente, molto diverso dal primo ma anche da ogni romanzo "classico" che possa capitare di leggere.
Non mancano, nella narrazione, momenti esilaranti in cui l’autore inserisci stralci dei propri monologhi da cabaret mentre parla con la sua ragazza al telefono.
Mi sono divertito davvero.