60. Foto di un universo passato
Probabilmente avete già tutti visto la foto con cui apro questo post, dato che sta venendo riproposta un po’ ovunque con spiegazioni più o meno dettagliate o chiare, ma nel mio piccolo voglio provare a parlarne brevemente.
Anzitutto cos’è il James Webb Space Telescope, che ha scattato questa immagine?
Si tratta di un Telescopio, il più grande telescopio ottico (o, meglio, a infrarossi) mai costruito, con un diametro 6,5 metri e che è stato lanciato nello spazio il giorno di Natale del 2021.
Perché lanciare un dispositivo del genere nello spazio? Sostanzialmente perché più ci si inoltra nello spazio e minori sono i disturbi a cui il dispositivo è soggetto, permettendogli così di sfruttare appieno le proprie potenzialità.
Per questo il JWST si potrà trovare fino a 1,5 milioni di km da noi, ben oltre l’orbita della Luna.
Ma perché è così importante ciò che farà il JWST e, in particolare, perché c’è tanto entusiasmo per questa foto?
Il James Webb è, come dicevo il più grande telescopio del genere mai costruito, ben più grande del suo predecessore Hubble che già tanto ha fatto per la ricerca e – diciamolo – i sogni di tanti appassionati.
Webb è in grado di guardare molto più lontano e, contemporaneamente, ben più nel passato, avvicinandosi sempre più al momento del Big Bang.
E qui, forse, è il caso che mi fermi un secondo per chiarire questo concetto.
La luce, si sa, viaggia a poco meno di 300.000 km/s. Quando diciamo che un oggetto si trova a un tot di anni luce da noi stiamo dicendo che la luce impiega quel numero di anni a raggiungerci e quindi, in soldoni, che noi stiamo guardando quell’oggetto com’era nel passato. Noi non abbiamo letteralmente idea di come sia oggi. Non possiamo saperlo.
Quindi, più un oggetto è distante, più ci avviciniamo al passato dell’universo e già per questo abbiamo bisogno di strumenti adeguatamente potenti.
Ma c’è un altro problema: l’universo si sta espandendo e noi ci stiamo allontanando dall’origine stessa, tanto che ci sono punti che ora sono irraggiungibili anche dalla luce. Di questo ne ho parlato tempo fa in una puntata di Astronomiti, ma cerco di semplificare velocemente: se la luce ha percorso un certo tragitto in un lasso di tempo, ma ora quel tragitto si è espanso e continua ad espandersi, allora ciò che si trova oltre la distanza iniziale finirà per essere virtualmente irraggiungibile. Un concetto che la mente (o per lo meno la mia) fa fatica ad assimilare.
Ora, l’espansione dell’universo fa anche sì che la luce che ci arriva si sposti prima verso il rosso e poi verso l’infrarosso per un fenomeno chiamato (appunto) spostamento verso il rosso (redshift) e che è identico alla deformazione del suono che percepite quando sentite un’ambulanza allontanarsi da voi: questo significa che se vogliamo osservare oggetti molto lontani che si stanno allontanando da noi abbiamo bisogno di un telescopio estremamente potente e capace di osservare gli infrarossi.
Il James Webb, appunto.
La foto qui sopra è stata scattata con un’esposizione di un giorno (maggior esposizione = maggior luce che viene assorbita) e ci mostra un ammasso di galassie denominato SMACS 0723. Un ammasso lontano 4,6 miliardi di anni luce.
Mentre guardate quella foto state ammirando una frazione infinitesimale dell’universo com’era 4,6 miliardi di anni fa, circa 100 milioni di anni dopo il Big Bang.
Lasciate sedimentare questo concetto nella sua immensità.
Eppure, questo è solo un assaggio: il James Webb permetterà osservazioni ancora più importanti e affascinanti nei prossimi decenni, ma ora, in questo momento, fermiamoci a pensare che stiamo guardando nel passato più remoto che possiamo immaginare, alle origini non solo della nostra vita, ma dell’esistenza di tutto.
Quella luce ha viaggiato per quattro miliardi e mezzo di anni per raggiungerci e ricordarci quando minuscoli siamo e quanto, al contempo, siamo in grado di grandi cose, tipo lanciare un dispositivo nello spazio per ammirare qualcosa che altrimenti ci sarebbe stata preclusa.
Ecco l’importanza di quella foto e di ciò che farà il JWST: guardare negli occhi un universo mai così antico e renderlo vicino com’era impensabile fino a poco tempo fa.