42. Asticelle narrative
Sta andando in onda in queste settimane la terza stagione di The Boys e sono certo che tra chi legge ci siano parecchi che la divorano, amandone i toni fuori di testa e la quantità di trash, splatter e scene esplicite e al contempo dissacranti che propone in ogni episodio.
Ovviamente anch’io la seguo e la apprezzo e, dopo aver visto la prima stagione, recuperai l’intera serie a fumetti che, per chi non lo sapesse, è molto ma molto più cruda ed esplicita della versione televisiva, cosa che depone a favore di quest’ultima, come ho avuto occasione di dire più volte confrontandomi anche con alcuni amici.
E qui mi sorge un dubbio, che si espande anche ad altre serie: ogni stagione di The Boys ha alzato l’asticella, tanto che una scena che era stata tagliata dalla prima perché ”troppo” è stata poi tranquillamente inclusa nella seconda. La terza, della quale devo ancora vedere l’episodio della settimana, è andata ulteriormente in questa direzione, come chi ha visto le prime puntate sa bene.
Il motivo è, ovviamente, che il pubblico ha apprezzato e quindi perché non dargli di più di ciò che ha gradito?
Non fa una grinza, almeno apparentemente: se una cosa piace perché non darne di più e poi ancora di più e avanti di questo passo?
Perché l’asticella non può essere sempre alzata e ogni volta che lo si fa toglie attenzione ad altre cose.
The Boys è una serie che, proprio avendo limato alcune asperità del fumetto originale, ha mostrato delle sceneggiature che sotto la superficie della cazzonaggine toccavano molti argomenti interessanti e lo facevano bene. Ma se si finisce per concentrarsi troppo su esplosioni, squartamenti e interni di sessi maschili, non si rischia di perdere questo vantaggio?
Lo chiedo, ripeto, non perché non mi piaccia e ogni volta non mi dica ”non ci posso credere” un po’ scioccato e un po’ divertito, ma proprio perché voglio continuare a godermela e questo meccanismo l’ho visto avvenire altre volte, non per forza giocando sullo stesso tipo di scene di The Boys (anche perché sono ben pochi – praticamente nessuno – i prodotti che sono paragonabili), ma comunque aggrappandosi a un elemento e facendolo diventare predominante se non unico.
Pensate a The Handmaid’s Tale, serie che chi mi conosce sa quanto ho amato, ma che abbandonai dopo la terza stagione perché l’elemento di pornografia del dolore aveva superato quello – fondamentale – narrativo di denuncia. Mi si dice che poi è migliorata, ma personalmente non la riprenderò.
Ma andando in una direzione completamente diversa si può citare The Big Bang Theory, che nata come serie corale ha finito per molte stagioni per appoggiarsi quasi esclusivamente sulle spalle di Sheldon e solo raramente tornando alla coralità iniziale, pur riuscendo a chiudersi in modo assolutamente soddisfacente. Di nuovo: la gente si divertiva con Sheldon, quindi diamo più Sheldon, quindi tagliamo gli altri aspetti divertenti e potenzialmente più creativi che abbiamo.
E potrei andare avanti parlando di The Walking Dead, di varie serie CW, soprattutto di prodotti che hanno finito per avere una vita probabilmente più lunga del previsto.
Penso sia chiaro dove voglio andare a parare: è ovvio che quando c’è una formula che funziona questa debba essere alimentata e sfruttata, ma ciò che mi pare spesso accada è che invece di considerarla come tale – appunto, una formula – si estrapolino solo alcuni ingredienti e si finisca per saturare di quelli.
Solo che in questo modo le sceneggiature si impoveriscono, le idee si svuotano e qualcosa che poteva raccontare molto di più e molto meglio finisce per arrotolarsi su se stessa, aggrappandosi a uno zoccolo duro di fan che vuole solo una cosa e perdendo un pubblico che potrebbe apprezzare varietà e ricchezza narrativa.
Io adoro un buon dolce, se arriva alla fine di un pasto che ho apprezzato lo ricorderò sempre come la degna chiusura. Ma se, proprio perché mi è piaciuto così tanto, mi date da mangiare esclusivamente quello per un mese, ecco, magari a un certo punto finirà per farmi schifo.