Alimentare la creatività
Ci sono diversi stimoli che mi sono arrivati in queste settimane e che, pur slegati tra di loro, stanno collaborando a farmi rendere conto di alcuni aspetti che riguardano me ma, credo, anche molte altre persone.
Li elenco prima separatamente, per poi cercare di fare un ragionamento di senso compiuto.
Oggi, ho scoperto quasi per caso, sono due anni esatti da quando ho terminato di scrivere L’ultima speranza dei Vertex. Come dicevo altrove, a questa data seguirono sei mesi di editing – con tanto di riscrittura delle prime tre parti per allineare lo stile – e poi il passaggio ai lettori volontari (e delusione sul comportamento di alcuni, ma va beh, questo è un altro discorso).
Due anni sono tantissimi e se ripenso a com’era la mia vita e com’erano le mie relazioni allora sembra siano passati decenni. Una storia in corso, ovviamente, le tre pesti che erano arrivate da meno di un anno, ancora nessuna idea di podcast, amicizie che non esistevano, altri rapporti che erano molto meno importanti di quanto lo siano ora.
Eppure in questi due anni non ho avuto lo stimolo di scrivere un altro romanzo. Non che sia obbligatorio, eh? C’è gente che ne scrive uno l’anno e altri che se ne fanno tre in carriera (carriera?) è tanto. Ma comunque la mia scrittura non è stata prolifica né da quel punto di vista, né per i racconti e, per molti periodi, neanche qui sopra.
Per diversi mesi da allora, quando scrivevo era al massimo per fare recensioni su SerialFreaks. Ci sono state volte che ne ho scritte anche quattro in una settimana.
Oggi un’amica che ha adorato il romanzo ha ribadito che vorrebbe (con toni un po’ più coloriti) che io riprendessi a scrivere. E anch’io lo vorrei, eppure non c’è la spinta. Perché?
Accantono e passo oltre.
Ieri sera un’altra persona mi ha chiesto come fare a leggere di più, domanda su cui sono molto sensibile, dato che una volta leggevo dai 30 ai 50 libri l’anno e ora non arrivo a 10. Gli ho dato qualche risposta, ma contemporaneamente mi sono fatto qualche domanda. Perché sto leggendo così poco? La risposta più banale è legata ai social: più tempo passo on line, meno ne passo leggendo. Ma sta tutto qui? Secondo me no. E se quest’anno ho la scusante di non essere mai riuscito a concentrarmi a dovere, il problema non si ferma all’anno trascorso, ma si lega a qualcosa di più strutturale e che, in soldoni, si riassume nella mancanza di tempo o, meglio, nel modo in cui il tempo viene distribuito come priorità.
Io, si sarà capito, sono una persona cosiddetta multipotenziale, una definizione che non ho scoperto tanto tempo fa ma che è venuta fuori in uno scambio con Costanza e, a seguire, con diverse altre persone. Detta velocemente, le persone multipotenziale sono quelle che coltivano tantissimi interessi, che si dedicano ad alcuni, li approfondiscono, dopo un po’ si stancano e vanno a cercarne di nuovi che nel frattempo hanno attirato la loro attenzione, salvo magari in futuro tornare ai vecchi amori. Sono (siamo) persone che magari non eccelleranno mai come le persone dedicate unicamente a una singola cosa, ma che accumulano una quantità di conoscenze e passioni che ad altre persone sembrano incredibili.
Ho perso il conto di quante persone mi abbiano chiesto “quante cose sai” o anche “quante cose fai”.
Ora, sembra che dicendo queste cose io mi stia vantando, ma in realtà essere multipotenziali è spesso una fatica. Un po’ perché il mondo non è a nostra misura e spesso si scambia questo bisogno di nuovi interessi come superficialità o incapacità di impegnarsi. Ma anche perché si tende a strafare e a sopravvalutare le proprie energie.
Il discorso sarebbe ancora più interessante e complesso, ma per ora accantoniamolo, in quanto sufficiente al mio ragionamento.
Altro punto che mi ha colpito. Neil Gaiman ha raccontato di recente come nei suoi mesi sull’isola di Skye sia stato pochissimo produttivo sul fronte della scrittura e quanto la cosa l’abbia stupito: era nella situazione ideale per scrivere, in un luogo meraviglioso, con tutta la calma necessaria, con parecchio tempo a disposizione, eppure non produceva. Poi gli è capitato di andare a Londra e, dopo un solo giorno, di tornare a sentire una spinta creativa che non aveva da tempo.
Perché? Perché aveva avuto stimoli.
Perché creare è un processo che richiede stimoli, terreno e semi.
Forse ora è più chiaro dove voglio andare a parare. Mentre c’era ancora il romanzo da finire, la lettura era in secondo piano perché dovevo scrivere. E così ho fatto. Poi, dopo aver finito, è rimasta in secondo piano perché se avevo tempo di leggere dovevo sfruttarlo per fare editing. E nel frattempo nascevano altre cose. Nel 2019 il primo podcast, con il tempo necessario a lavorarci, le recensioni, come dicevo, legate al tempo di vedere materialmente le cose di cui scrivere. Senza contare piccolezze come il lavoro.
Il mio tempo non ha più avuto spazio per la lettura, semplicemente. Tant’è che ho ripreso il ritmo nei sei giorni che ho trascorso al mare, quando l’unica cosa che poteva fare era leggere o camminare.
Tanto piacere, Sergio, un tale papiro per dire che ti manca il tempo?
No. Un tale papiro per dire che è tutto collegato. Che il processo creativo ha bisogno di stimoli esterni, di nuovi ingressi, di nuove esperienze e che dare per scontato di potervi sempre attingere è un errore colossale che ho fatto per troppo tempo e che dovrò iniziare a correggere.
Facciamo il punto delle passioni e interessi che ho solo in questo momento: mi sono riappassionato al modellismo e ho creato il mio primo diorama, ho due podcast attivi e uno che riprenderà tra un po’, ho di nuovo qualche film e serie che mi fa piacere vedere, ho un corso sui diorami e una masterclass da terminare, ho il piacere e il bisogno di fare camminate, ho libri che voglio leggere, ho fumetti in coda da una vita, ho videogiochi che voglio completare, sto aspettando che torni disponibile il telescopio che voglio prendere e poi voglio andare a fare osservazioni, mentre vorrei riprendere a leggere riviste scientifiche. Il tutto senza contare il lavoro.
È ovvio che non tutto possa avere lo stesso spazio, ma risulta ovvio che debba fare spazio per permettermi di rialimentare la mia fonte creativa. Fare spazio per leggere, per guardare cosa, ma anche per studiare qualcosa di nuovo, tant’è che giusto due giorni fa mi sono iscritto al corso sul giornalismo del Post.
Ma come? Ti lamenti del tempo e aggiungi cose? Sì e non è una contraddizione. Aggiungo cose perché ho sete di stimoli che mi possano alimentare e se (un se assolutamente di forma, dato che necessariamente sarà così) questo significherà togliere tempo ad altro, allora l’altro dovrà essere ridimensionato e, proprio per questo, finirà per giovarne.
Ho bisogno di tornare ad alimentarmi e di direzionare le energie dando priorità nuove a ciò che c’era e anche a ciò che verrà: se voglio creare devo assorbire e rielaborare, cosa che troppo a lungo ho smesso di fare.
E se c’è una cosa certa è che voglio creare.
Il cosa sarà da stabilire.