Un anno dopo
Il 22 gennaio 2018 entrarono in casa tre nuovi ospiti. Una parte di me era entusiasta all’idea, un’altra aveva paura: paura che fosse troppo presto, paura che non andassero d’accordo, paura di non poter dar loro ciò che meritavano per il continuo confronto con la mancanza di Stitch.
Quel primo giorno Sheppard passò diverse ore nel trasportino e poi, uscito, decise che il suo luogo preferito era il davanzale della finestra o il mobile in studio: ovunque, bastava non essere disturbato.
Sissi e Sasha erano ancora nuove al mondo. Avevano cinque mesi, facevano solo danni, correvano ovunque, si ribaltavano o crollavano dal sonno. A loro, dei malumori di Sheppard, importava poco. Bastava giocare.
In quei primi giorni, Sheppard mangiava solo in studio, che con loro non voleva avere granché a che fare, e nel dubbio andava a nascondersi sotto le coperte. Si lasciava accarezzare e fusava anche, ma solo per qualche istante, poi faceva il gesto di mordere. E se arrivava qualcuno mai visto lanciava anche una soffiata, tanto per chiarire che lui era grande, grosso e cattivo e bisognava lasciarlo stare.
Tutte balle.
Sheppard è uno dei gatti più buoni del mondo e, soprattutto, uno dei più fifoni e allora, e ogni tanto ancora oggi se ci sono troppe persone in casa, soffiare era solo un modo di proteggersi. Lo stesso attraverso cui vidi due settimane prima, quando decisi che lui, dal gattile, doveva venire via.
Sono passati 365 giorni. Sheppard è ingrassato di oltre un chilo. Sissi, che prima non sapeva come interagire con lui, ora ha una cotta, come un’adolescente verso il ragazzo più grande. Sasha, che sembrava la meno coccolona, complice l’avvicinamento tra Sheppard e Sissi è quella che cerca di stare più spesso dove sono io.
Nessuno mi viene in braccio spontaneamente. Nessuno mi viene a poppare sui vestiti. Nessuno fa, ancora almeno, ciò che faceva Stitch. Ma Sasha mi cerca, Sissi si fa grattare la pancia e Sheppard, oltre a fare le fusa di un trattore, ora la sera viene ad appoggiarsi a me.
Un anno. Abbiamo imparato a conoscerci e crescere insieme. Ora so che Sheppard non digerisce il pollo (e quanto spavento, finché non ho scoperto cos’era). So che Sissi non sa stare zitta e annuncia sempre la sua presenza con un trillo continuo. So che Sasha è una pazza furibonda che si arrampica ovunque e che mi ha segnato il cartongesso fino a 1,90 di altezza, che salta sulla doccia e poi magari ci si chiude dentro e che ha lottato duramente per arrampicarsi sull’albero di Natale almeno due o tre volte al giorno per due settimane.
La mattina Sheppard salta sul letto perché è ora di mangiare. Sa che se non mi alzo non deve rompere, ma nel dubbio ci prova. Quando mi alzo tutti corrono in cucina. Sasha si sdraia per terra, Sissi si mette da un lato, Sheppard si alza in piedi mentre riempio i piattini con l’umido.
Alle 17, massimo 17.30, mentre sono al pc, mi arriva una testata tutto sommato delicata. Sheppard ha l’orologio biologico ed è ora della pappa serale. Se non mi alzo subito, lui aspetta. Seduto. Guardandomi fisso.
Dopo cena partono invece gli acuti. Sissi e Sasha, nel pieno della disperazione, esigono giocare. Perché sì, loro giocano tra di loro, ma a quell’ora devono giocare con me. Sempre. E sollecitano.
Non c’è che dire, sono stato addestrato bene.
Un anno e ho avuto la conferma di ciò che già sapevo: non c’è limite all’amore che possiamo provare. Non c’è modo di diminuire un sentimento presente o passato provandolo anche per un nuovo destinatario. L’amore non si divide, si moltiplica.
Venerdì scorso la veterinaria è venuta a casa per vaccinarli. Sheppard ha fatto un po’ di resistenza, Sissi e Sasha erano terrorizzate. Nessuno di loro ha soffiato, ringhiato, graffiato e quando è andata via tutto è tornato come al solito. Parlando, le ho detto che sono stato fortunato. Mi ha risposto che il fatto che tutti i miei gatti siano sempre stati buoni non è solo merito di fortuna, ma del fatto che so crescerli nel clima giusto. So trasmettere loro il calore e l’affetto e l’equilibrio di cui hanno bisogno. Penso sia uno dei complimenti più belli che mi abbiano fatto.
Un anno fa li ho presi sperando di salvarli. Due orfanelle con la mamma uccisa e un gattone che aveva paura del mondo. Ed è vero, li ho salvati. Ma la verità è che loro hanno salvato me. Forse più di quanto io abbia salvato loro. E io, di questo, sono profondamente grato.