Supernatural: 14×02 Gods and Monsters – 14×03 The Scar
Se parlando della première di questa stagione di Supernatural ci eravamo legittimamente domandati quanto sarebbe potuta durare la possessione di Dean, di certo la gestione della trama è riuscita a spiazzarci, sebbene non siamo sicuri l’abbia fatto per il meglio.
Gods and Monsters
Andiamo con ordine: il secondo episodio continua il proprio lavoro di disposizione dei pezzi sulla scacchiera. Michael/Dean in versione Mengele si diverte a sperimentare sui vampiri in cerca di una formula ottenuta da un mix di sangue e grazia (yum!) che, scopriremo poco dopo, riesca a rendere loro, i lupi mannari (e chissà quali altre creature) sostanzialmente invincibili, annullando tutti i punti deboli che ne hanno fatto per secoli prede dei Cacciatori umani. L’obiettivo dichiarato dell’Arcangelo è quello di sovvertire l’ordine stabilito da Dio stesso, dato che gli esseri umani si sono rivelati, a suo insindacabile giudizio, inadatti a essere i privilegiati sul pianeta: niente di nuovo sotto il sole, quindi, visto che il difficile – per usare un eufemismo – rapporto tra Angeli e Umani è da sempre una chiave di lettura fondamentale della serie e lo stesso Lucifer aveva come spinta motivazionale l’insofferenza verso gli abitanti della Terra.
Michael come Lucifer, quindi, ma anche questa similitudine era da tempo da considerarsi assodata, dato lo splendido risultato ottenuto nel suo Universo d’origine e che sembra pronto a replicare nel nostro: quando, nella première, parlava di fare le cose per bene questa volta si trattava con tutta probabilità del garantirsi lo sterminio umano e non, invece, dell’evitare la distruzione del pianeta. Quali siano le sue vere motivazioni è ancora difficile da dirsi, anche se risulta chiaro che i suoi pseudo-alleati siano da considerarsi più come pedine sacrificabili che suoi compagni di lotta.
Una cosa è certa: più si procede nella storia e maggiormente si sente il bisogno del ritorno di Dio/Chuck (e, perché no, di sua sorella Darkness) per raddrizzare qualche schiena qua e là.
Parlando di Lucifer, il suo (ex?) ospite non se la passa di certo bene. Nick, ricordatosi del trauma che l’aveva portato ad accettare il Diavolo dentro di sé, perde velocemente il suo già scarso equilibrio mentale, mostrando segni di un’influenza residua dell’arcangelo caduto ben più gravi del previsto. La sua conversione in killer spietato non stupisce particolarmente, anche perché non si può certo dire che Mark Pellegrino riesca a trasmettere bene la doppia identità del personaggio.
Durante l’intero episodio non si ha mai la sensazione di essere davanti a un individuo diverso da Lucifer, ma più che altro al diavolo stesso che finge di essere umano: se, nel passato remoto di Lost, il suo Jacob era incarnazione di una forma di bontà e veniva ben reso dall’attore, sembra che in Supernatural lui faccia molta fatica a imprimere quella dualità che, invece, è ben rappresentata da Jansen Ackles. L’effetto è quello di aspettarsi fin da subito una sua ricaduta cruenta, con tanti saluti all’effetto sorpresa. C’è da aggiungere che, al momento, tale trama è la meno interessante tra le narrazioni presenti e sempre più un’occupazione inutile di minutaggio dell’episodio, anche se probabilmente funge da base per sviluppi futuri.
Più interessante è invece il percorso di Jack, che cerca un modo di ritrovare se stesso partendo dal suo background umano, i genitori di Kelly. Soprassedendo su alcuni aspetti in cui è necessario rafforzare la sospensione dell’incredulità, l’incontro tra i (non consapevoli) nonni e il ragazzo permette al Nephilim di entrare in contatto con la natura stessa della madre e di riconoscere, nei due anziani, la fonte degli stessi insegnamenti a lui giunti mentre era ancora nel ventre materno. Un’epifania probabilmente necessaria allo sviluppo del personaggio.
“Sviluppo” è la parola che al momento non si riesce ad applicare a Castiel, reso per ora una sorta di maggiordomo/balia dello stesso Jack, di Nick (con splendidi risultati, come abbiamo visto) e di chiunque sostanzialmente passi dal bunker. La necessità stessa di spiegare, in vari dialoghi, per quale motivo non possa unirsi al resto delle missioni indica un problema di gestione del personaggio che va assolutamente risolto.
The Scar
Come si diceva relativamente alla première, il ritorno di Dean era un’ipotesi estremamente probabile, ma che questo avvenisse addirittura a cavallo tra il secondo e il terzo episodio è stata comunque una sorpresa che, al momento, non sappiamo ancora se definire positiva o negativa. La possessione di Dean da parte di Michael era un forte motivo di rottura col passato e questo repentino cambio di rotta non può che lasciare destabilizzati anche e sopratutto per il modo in cui è avvenuto, fuori scena, senza – al momento – motivazioni valide a parte la ferita che fa da fulcro dell’episodio.
Gli autori hanno recentemente affermato che Michael non sarà il villain principale della stagione, il che può anche spiegare il gioco di fumi e specchi messo in atto in questi primi episodi, ma ciò non toglie che facendo avvenire troppo fuori scena si rischia di far perdere il coinvolgimento emotivo dello spettatore, lasciandolo coi fatti nudi e crudi e con la necessità di accettarla senza sentirsene avvolto.
Così avviene in questo episodio: si assorbono gli eventi, si attende inutilmente e per troppo tempo la rivelazione che in realtà la liberazione di Dean è un sottile inganno e si finisce così per non godersi a pieno il resto della narrazione, che invece introduce alcune novità interessanti.
Anzitutto l’importante riallacciarsi alle trame rimaste in sospeso con l’annullamento di Wayward Sisters. Dopo la morte di Kaia per mano del suo doppione, quella storia rischiava di rimanere sospesa e dimenticata, ma gli autori hanno apprezzabilmente deciso di riassorbirla nella serie principale, rendendo la Dark Kaia – come la stanno chiamando in rete – un po’ più simile alla sua controparte, in parte più interessante e sicuramente più potente, tanto da possedere l’unica arma in grado di ferire Michael e uccidere i vampiri 2.0. Che si tratti di un’apparizione una tantum o di un futuro alleato è presto da dirsi, ma l’istinto ci fa propendere per la seconda ipotesi.
Le dinamiche tra Dean e Sam seguenti al trauma del primo sono ormai talmente trite e ritrite da essere prevedibili prima ancora che si svolgano: l’unica differenza sta nelle tempistiche, concentrate stavolta in una sola puntata invece che in tre o quattro come in passato. Parlando della première si diceva quanto ci fosse bisogno di rinnovamento e questi momenti sono ciò che ce lo fanno ribadire: il rischio noia è dietro l’angolo, quando sono più interessanti le trame relative ai comprimari che ai personaggi principali, soprattutto dopo aver fatto assaggiare qualcosa di nuovo.
Di nuovo assistiamo, infatti, a un’evoluzione di Jack che invece di fuggire, come istintivamente fatto anche in passato, finisce per prendere in mano le redini di una crisi applicando le proprie conoscenze e la propria intelligenza: per troppo tempo il ragazzo ha cercato di mostrarsi degno dei Cacciatori sul piano fisico, non comprendendo come, invece, fosse la sua mente quella da mettere al servizio della missione. La sua crescita sta venendo gestita bene e i segni di grave debilitazione fisica mostrati alla fine dell’episodio mettono in gioco altre variabili che dovranno essere tenute da conto.
Il punto della situazione
C’è una generale sensazione di incompletezza, soprattutto dopo la visione di The Scar. Troppo avviene senza spiegazioni o con informazioni parziali e non è chiaro se sia per scelta o per cattiva scrittura o ancora errori di regia e montaggio. L’esempio più lampante è dato dalla gestione del ritorno di Dean e, soprattutto, dalle sue tempistiche: in God and Monsters l’impressione è che Michael sia in carico fino all’ultimo e sempre nella cittadina di Duluth, per cui la comparsa improvvisa del maggiore dei Winchester sembra essere parte del suo piano. In The Scar, però, si vede lo scontro tra lui e Dark Kaia e, pur non dicendo esplicitamente che quello è la causa del suo abbandono, di certo si lascia a intendere che la ferita è parte integrante di un cambio improvviso di programmi. Quando, però, questo sia accaduto non è chiaro: prima di Duluth? In tal caso ci sarebbe oscurità completa sul motivo del suo abbandono di Dean. Durante Duluth? Così fosse i tempi e la narrazione sarebbero quanto meno falsati. La speranza è che siano tutti pezzi di un puzzle più ampio ancora da scoprire, ma il problema è che prendendo il singolo episodio rimane quel sapore di incompiuto di cui parlavamo poco sopra.
Da segnalare inoltre una criticità nella gestione dei personaggi: sono troppi e le dinamiche non sono ancora ben strutturate. Sentire in tre episodi di fila che qualcuno è altrove a seguire altre missioni finisce per essere il segno che è necessario allontanarne periodicamente alcuni per focalizzarsi su altri: un problema comprensibile, ma che a questo punto andrebbe gestito in modo più organico. Il problema è che non si possono avere episodi di Supernatural senza i fratelli Winchester e, di conseguenza, tutti gli altri personaggi devono in qualche modo gravitare attorno a loro, avere un tempo sullo schermo non eccessivo o essere fuori scena per una scusa o l’altra.
Sembra ormai chiaro che questa quattordicesima stagione stia venendo imbastita come una tela di cui sarà possibile vedere il risultato solo più avanti: la dichiarazione degli autori fa intendere che ancora non abbiamo incontrato il vero villain o, se è apparso, nulla lo sta a indicare esplicitamente; quale ruolo avrà questo nuovo antagonista per i personaggi, quali saranno le formazioni che si schiereranno e che ruolo avrà Michael in tutto questo è tutto in là da venire.
La speranza, nel frattempo, è che non si metta alla prova la pazienza dello spettatore, fornendo trame verticali che giustifichino – narrativamente ed emotivamente – la visione mentre si imbastisce quella orizzontale.