Marvel’s Daredevil: 3×01 Resurrection

Attenzione: contiene spoiler sull’episodio.

Il finale di Marvel’s The Defenders aveva lasciato i fan di Daredevil in fibrillazione, non solo per il desiderio di conoscerne la sorte futura, ma perché quel singolo fotogramma aveva una promessa implicita riassumibile in due parole: Born Again.

Uscita alla fine del 1986, questa saga scritta da Frank Miller e disegnata da David Mazzuchelli ha da sempre rappresentato la storia di Daredevil, quella da portare su un’isola deserta o da far leggere a un amico che chiede il volume migliore di un certo personaggio: comprensibile, quindi, che quella scena finale unita alle innumerevoli conferme dei mesi successivi abbia portato l’hype dei fan del fumetto a crescere esponenzialmente, mentre i trailer promettevano una storia dall’enorme potenziale anche per chi, invece, della controparte cartacea del Diavolo di Hell’s Kitchen sa poco o nulla.

Questa première, dal titolo emblematico di Resurrection, sembra voler tranquillizzare entrambi i tipi di fan confermando quanto suggerito e preparando le basi per una stagione di elevata qualità.

Nella miglior tradizione Netflix l’episodio si prende i suoi tempi, pur comunque non adagiandosi eccessivamente sugli allori. Come necessario, buona parte dell’episodio è incentrata sul recupero fisico, prima che morale, di Matthew: la sua sopravvivenza, viene ribadito un paio di volte, ha del miracoloso e i tempi di recupero non sono certo brevi; tempi che devono anche tenere conto non solo del ripristino delle sue normali funzioni motorie, ma anche e soprattutto di quei poteri che l’hanno accompagnato fin da quando ha perso la vista.

Ottima la scelta di focalizzarsi su questo aspetto: sopravvivendo a un’esplosione di un palazzo dritta sulla sua testa era impensabile che, oltre ai vari danni fisici, i poteri stessi di Matt (in particolare olfatto e udito) non fossero gravemente influenzati. E se per l’olfatto la soluzione è veloce (e necessariamente schifosa), per quanto riguarda l’udito le conseguenze potrebbero protrarsi più a lungo nella stagione, fornendo a Matt un handicap aggiuntivo nella sua risalita. Ci è piaciuto molto il modo in cui è stata resa la netta correlazione tra il sonar interno di Murdock e il suo udito, trasformando velocemente un uomo in grado di lottare contro dei Ninja in un non vedente sperduto in una stanza sconosciuta.

Da applausi, come sempre, l’interpretazione fisica di Charlie Cox, sempre più a suo agio nel ruolo e in grado di trasmettere perfettamente sia la forza del Matt sicuro di sé che la fragilità di quello senza poteri, anche quando il passaggio avviene letteralmente nel giro di un paio di frame.

Se la recitazione fisica è quindi ai soliti altissimi livelli, non da meno lo è quella più prettamente interpretativa: l’amarezza e lo sconforto dell’uomo che ha visto distrutta qualunque sua speranza, che ha rinunciato a tutto per non avere nulla, sono palpabili e accresciute dai vari riferimenti biblici che sono parte integrante del personaggio e che, in questo caso, rappresentano la misura del suo sconforto.

Sarebbe stato molto semplice lasciare Matt solo nel suo autocompatimento, ma gli autori hanno preferito sfruttare il personaggio di Suor Maggie per fungere da contraltare volto a spronare l’uomo, in un ruolo che in qualche modo va a prendere il posto – con le debite e necessarie differenze – di quello della Claire di Rosario Dawson: il rapporto tra i due è sincero, diretto, caustico e sarcastico ed è un piacere assistere ad ogni momento di loro interazione. Che Maggie si riveli essere o meno ciò che è nei fumetti (evitiamo potenziali spoiler inutili), la speranza è che la sua presenza prosegua costantemente nella stagione.

Pur intitolandosi Resurrezioneperò, l’episodio non vede la piena ripresa del Diavolo di Hell’s Kitchen. Non fisicamente ma, soprattutto, non moralmente: Matt è un uomo svuotato, arrabbiato, distrutto e la debilitazione fisica è solo minima parte della sua caduta. Considerando i trailer – e le storie originali, per quanto possano essere rispettate – è lecito pensare che il suo percorso di riabilitazione coprirà ben più di questa première e che non sarà rappresentato da una curva costantemente crescente, bensì da picchi e nuove cadute da cui non sarà scontato il suo rialzarsi.

– Anche se odi Dio, il sentimento non è ricambiato.
– Ma io non lo odio. Ho solo visto il suo vero volto.

Sul fronte opposto, lo screen time del sempre più inquietante Wilson Fisk di Vincent D’Onofrio è molto ridotto ma non per questo poco significativo: Kingpin è ormai un personaggio talmente iconico da aver bisogno di poche scene ben calibrate e pochissime battute per mettere in moto gli eventi che diventeranno il fulcro della stagione. Quanto fosse mancato il suo apporto nella precedente, fugaci apparizioni a parte, lo si comprende bene qui, nel vedere quanto la sua presenza arricchisca l’episodio nonostante il già citato scarso minutaggio.

Mentre, quindi, Matt prova a rialzarsi, i suoi amici fanno i conti con la sua perdita. Sono passati mesi, ormai, e l’incapacità di Karen di rassegnarsi alla ragionevole convinzione che Matt sia morto funge soprattutto da collante narrativo rispetto alla stagione precedente. Le scene tra lei e Foggy non aggiungono molto alla storia, ma servono a mostrare il contrasto tra luce – la vita diurna ormai perduta di Matt – e buio – quella che l’uomo intende abbracciare per continuare a essere se stesso.

La dicotomia tra Matt e Daredevil, sempre forte nella serie, vive qui un ulteriore approfondimento: quando due parti di un individuo devono convivere avviene sempre che prima o poi una prevalga mentre l’altra risulta più debole; capita anche che nel corso di una vita le due si alternino nel prendere il controllo e non sempre la ridefinizione di un equilibrio è a portata di mano. Se nella seconda stagione Matt era stato sul punto di abbracciare la vita diurna e abbandonare il suo alter-ego, questa première lo mette sulla strada opposta, facendogli potenzialmente preferire una vita da vigilante a una da apostolo devoto. Simbolico, da questo punto di vista, cosa verrà utilizzato per confezionare il suo vecchio/nuovo costume nero, a ulteriore conferma del contrasto morale del protagonista.

– Davanti a questo Dio preferisco morire da Diavolo che vivere da Matt Murdock.

La parte finale dell’episodio, poi, funge da ponte verso il seguito della stagione, presentando un nuovo personaggio, ricordandoci di quale dramma sia vivere in USA se si hanno problemi di salute e, di conseguenza, di quanto certe volte le scelte possono essere figlie della disperazione. E che tutto porta a Kingpin, ovviamente.

La première, pur prendendosi i suoi tempi, ha ritmi ben calibrati e studiati che la fanno trascorrere velocemente, tengono incollato lo spettatore e fanno impennare il bisogno di un bingewatching immersivo.

Il Diavolo sta risuscitando.

Aries

Finché potrò continuerò ad osservare. Finché osserverò continuerò ad imparare. Finché imparerò continuerò a crescere. Finché crescerò continuerò a vivere.

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