Strabolognando
Ieri è stata una giornata quanto meno atipica. Oltre a essere il week-end a partire dal quale io e Miss Sauron torneremo a vederci ogni settimana dopo mesi di adattamento, è stato anche quello in cui, per la prima volta in vita mia, ho partecipato a un’attività (non) sportiva che prevedesse una pettorina.
Accidenti, che evento, potrebbe commentare qualcuno, ma per me lo è stato.
Non tanto per il tipo di attività fisica: la Strabologna è un evento non competitivo in cui si partecipa come si desidera, non solo correndo, ma anche camminando, non solo persone in forma, ma chiunque, carrozzine per bambini e cani inclusi. Quindi, di nuovo, sembrerebbe non chissà che.
Eppure per me è stato qualcosa.
In qualche modo è stata una sorta di certificazione del percorso fatto dopo gli incidenti alla gamba.
Sì, cammino sempre e tanto e solo a Londra, in un giorno, ho percorso più di 20km, ben più dei 7.8 della Strabologna media, senza contare che anche quando faccio le mie camminate più veloci percorro un tragitto simile.
Ma farlo non da solo, farlo in mezzo a migliaia di altre persone, farlo in maniera semi-ufficiale ha avuto il sapore di renderlo reale. Il fatto, poi, che ci fossero tanti che, per desiderio o possibilità, andavano ben più lenti di me, mi ha fatto ricordare che per quanto io possa non essere (né ora né mai) uno sportivo o un atleta, per quanto ogni attività io faccia richieda sforzo di volontà e fisico, non sono messo male quanto a volte potrei pensare.
E, da non scordarmene mai, il mio tendine rotuleo si è rotto due volte e quando stavo guarendo mi dissero che sarei stato fortunato a camminare ancora e piegare ancora il ginocchio fino in fondo.
Ecco, ieri è stato un piccolo raggiungimento personale, non fisico, ma simbolico.
Ed è stato bello. Bello per il fatto in sé, bello per l’averlo fatto con Miss Sauron e altri amici, bello per aver vissuto l’effetto “comunità” che un evento del genere può generare: la mattina, in motorino, mentre ci recavamo al punto di ritrovo, abbiamo incrociato decine di persone, tutte alzatisi quella domenica, tutte con indosso la stessa maglietta, solo col desiderio di vivere questo momento.
Solo il desiderio di godere di una giornata del genere tutti insieme, senza distinzione di età, fisico, provenienza o qualunque altra.
Ed è stato bella anche la sensazione di impazienza di quando, durante i primi chilometri, c’erano troppe persone più lente di me e di noi per farci andare al nostro passo: io sentivo l’esigenza di superare. A piedi. Rendiamoci conto.
Sì, è stata una domenica speciale. Non perché mi sia messo alla prova, ma perché mi sono regalato conferme.
Che non è poco.