The Handmaid’s Tale: 2×04 Other Women

Recensendo i primi due episodi della seconda stagione di The Handmaid’s Tale avevamo affermato che Offred era morta e June era rinata al suo posto e sembra che gli autori abbiano voluto, con questo Other Women, dirci quanto ci stessimo sbagliando, partendo dagli ultimi terribili istanti di Baggage per esplorare la nuova discesa all’inferno della protagonista.

Se la première di questa stagione ci aveva mostrato violenze e punizioni prettamente fisiche, il quarto episodio ci porta in un territorio se vogliamo ancora più subdolo e temibile, quello del condizionamento psicologico e della progressiva distruzione mentale dell’individuo.

June, l’abbiamo visto, non si era mai del tutto arresa al suo ruolo di Ancella e questo le aveva permesso la ribellione e una fuga di 92 giorni, ma Gilead non può permettersi che ci siano elementi dell’ingranaggio dalla volontà così forte da poter minare il suo orribile eppure delicato funzionamento: Zia Lydia è, di nuovo, strumento principale affinché ciò non accada e lo fa non più – o non solo – punendo materialmente June/Offred, bensì spingendola a rinnegare la propria identità originale e ad abbracciare l’unico ruolo che può darle salvezza.

Non è stata Offred a togliere un marito alla legittima moglie: fu June. Poco importa se poi è nato un secondo matrimonio, se è nata una bambina, se era amore vero. June era colpevole in quanto altra donna. Non Offred. Offred non esisteva.

Offred non è fuggita. È stata rapita dai terroristi e, in un certo senso, da June. Il rapimento è una menzogna perfetta in una società basata sull’autoconvincimento: impossibile che qualcuno voglia fuggire nella perfetta Gilead, di certo è stato rapito. Offred, vittima dei terroristi e di June, non ha colpa.

Non è stata Offred a causare il taglio della lingua di Ofglen,  la morte del ribelle che l’aveva aiutata, la conversione in Ancella della moglie (con una legge del contrappasso ironica e terribile, considerando le sue affermazioni in Baggage), la rimozione del bambino e il suo affidamento a un’altra famiglia. È stato l’egoismo di June. Sempre June. Solo June.

Un lavoro di indottrinamento terribile nel suo realismo, che va a toccare l’unico vero punto debole di una persona circondata dal dolore e combattuta tra il bisogno di salvezza e quello di contrastare l’ingiustizia: il suo senso di colpa. La sua coscienza.

Il senso di colpa, quell’elemento che i carnefici e i dittatori, nella loro autoproclamata perfezione, non solo non percepiscono, ma vedono come uno strumento da utilizzare al proprio bisogno per sottomettere i più deboli, coloro che sono dotati di umanità e di empatia.

L’empatia, il dolore, il senso di colpa per gli errori passati e presenti diventano intollerabili e, alla fine, June soccombe (definitivamente?) e una nuova Offred prende il suo posto, più ubbidiente. Più buona.

Ci vuole un intero episodio, perché accada. Vediamo June scalpitare durante l’assurdo Baby Shower, assistiamo alle sue frecciate a Serena, ammiriamo il suo non abbassare la testa se non quando Zia Lydia gliela spinge verso il basso: June scalpita perché sa che può sparire, se cede, ma è lei a provare emozioni e dolore e non può non cedere, non quando tutto punta a incolparla.

Chi ha ucciso l’uomo? Non Gilead. Non i soldati. Non i comandanti. No, è stata June, solo perché ha osato voler scappare.
Perché è stata tagliata la lingua a Ofglenn? Non perché la lapidazione di un’amica fosse un abominio, bensì perché è stata June a rifiutarsi in primis.

Si tratta di tecniche di controllo da manuale: dividere i sottomessi, costringerli a non fidarsi uno dell’altro, minarne la sicurezza, colpevolizzarli.
Una colpevolizzazione che, tra l’altro, ricorda quella giornaliera delle vittime di abusi e crimini sessuali: sono loro le colpevoli, agli occhi di certa gente, così come lo è June per Gilead e Zia Lydia.
Ora l’obiettivo è raggiunto, Offred è una brava ragazza che cerca solo perdono e accoglienza. June non ha diritto a nulla e come tale è annientata.

O forse no?

Le aberrazioni di Gilead mostrateci in questo episodio si discostano principalmente dalla mera violenza e si focalizzano maggiormente su aspetti psicologici e sociologici: il terribile Baby Shower prosegue la tradizione delle cerimonie di concepimento e nascita viste nella prima stagione, con le mogli che recitano come bambine viziate e le ancelle tenute come segnaposti e simboli dei loro ruoli; Offred è un’incubatrice vivente il cui solo esprimere un ricordo personale (di June) è un affronto violento nei confronti di Serena.

Ancora più aberrante è la posticcia apprensione di Zia Lydia nei confronti della donna: non per lei in quanto tale, ovviamente, ma solo in quanto portatrice di un bambino. La finta dolcezza che porta lo spettatore a volersi strappare le orecchie e lavarsi con la candeggina, gli obblighi mascherati da suggerimenti, il controllo costante sul corpo dell’ancella, al punto da assistere al suo lavaggio: il corpo di Offred non le appartiene, non le è mai appartenuto, tanto meno ora che porta con sé un bambino.

Una nuova, forse iperbolica, similitudine con ciò che già avviene nella nostra società, quando le donne incinte sembrano perdere il proprio ruolo di individuo e assumerne uno più pubblico e straniante: pensate a quante persone sarebbero pronte a toccare, spesso senza neanche chiedere, la pancia di una donna incinta e a quante di farlo con una non in attesa. Un cambiamento nell’invasione dell’intimità dovuto esclusivamente alla gravidanza. Un’iperbole, ripetiamolo, che però dovrebbe far riflettere.

In conclusione, prescindendo dall’analisi del singolo episodio, dobbiamo constatare che la serie si trova ora davanti a scelte che potranno influenzarne nettamente la qualità, vista anche la già annunciata terza stagione: proseguire nel mostrare la vita di Offred esclusivamente come ancella è un potenziale vicolo cieco che rischia di sfociare nella pornografia del dolore dei personaggi, una strada che speriamo vivamente non venga intrapresa perché finirebbe per svilire quanto mostrato fino a oggi; l’altra ipotesi è che questo sia il fondo del pozzo e che, coi tempi che verranno ritenuti opportuni, segni la definitiva risalita e salvezza del personaggio principale.

Ricordiamo anche che nulla garantisce la sopravvivenza di Offred/June per l’intera serie, ma per ora è un’opzione che teniamo da parte.

Aries

Finché potrò continuerò ad osservare. Finché osserverò continuerò ad imparare. Finché imparerò continuerò a crescere. Finché crescerò continuerò a vivere.

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