Krypton: 1×01 Pilot
Se l’ambito fumettistico non può certo più definirsi una nuova fonte di idee per TV e cinema, con la quantità di film e serie televisive in circolazione ispirati ai vari universi cartacei, di certo ci sono personaggi che prima ancora di questo vero e proprio boom erano stati sfruttati sotto quasi ogni punto di vista possibile: Batman e Superman sono, senza dubbio, in cima alla lista.
Trovare nuove idee per sfruttare personaggi dall’utilizzo tanto abusato non è facile e non si può certo dire che la DC/Warner Bros. non l’abbia già fatto in lungo e in largo. Senza contare i reboot cinematografici dei due personaggi, basti pensare in ambito televisivo alla rivisitazione delle origini vista in quella Smallville che ha aperto le porte alle serie supereroistiche moderne, alla recentissima Supergirl (in cui, ricordiamolo, qualche volta compare anche Kal-El) e, ovviamente, allo pseudo-prequel Gotham.
È proprio la strada degli pseudo-prequel quella che si vuole tentare con Krypton, nuovissima uscita per SyFy. Se Gotham si concentrava sull’infanzia di Bruce Wayne e, quindi, su un periodo “storico” passato ma sufficientemente vicino, Krypton tenta un’impresa ancora più peculiare: raccontarci il passato più antico del pianeta d’origine di Superman utilizzando come personaggio principale Seg-El (sic!), il nonno dell’Uomo d’Acciaio, cui presta il viso imbronciato Cameron Cuffe.
Premettiamo che nei fumetti, dove il personaggio viene chiamato Seyg-El, non si sa molto di lui: pochi archi narrativi l’hanno utilizzato e di certo non è mai stato approfondito adeguatamente; un’ottima possibilità, quindi, per creare contenuti sostanzialmente inediti pur cercando di cavalcare l’onda di un personaggio il cui solo nome è spesso richiamo sufficiente per garantire ascolti.
Il pilot, dicevamo, si concentra su Seg-El e sulla sua vita quattordici anni dopo la caduta della casata di El a causa della grave colpa di Val-El, nonno di Seg: l’aver preferito la scienza alla religione, il non aver abbassato la testa davanti al nuovo profeta – la Voce di Rao – e aver cercato di avvisare l’intero pianeta di minacce provenienti dall’esterno. Una colpa del genere è punita con la morte, una sentenza a cui assiste anche il giovane Seg, con buona pace di quella che dovrebbe essere una società civilizzata.
Senza entrare nei dettagli della trama, possiamo affermare – senza, tra l’altro, essere parecchio originali nel farlo – che Krypton sembra pescare da vari immaginari più o meno recenti e prova a rielaborarli in una forma che, nelle intenzioni, dovrebbe essere originale: abbiamo il giovane ribelle dal cuore d’oro, abbiamo una storia d’amore contrastata alla Romeo e Giulietta, abbiamo lotte politiche e di casate alla Game of Thrones (con le debite proporzioni, sia chiaro) e abbiamo anche un piccolo viaggio nel tempo che non poteva mancare e funge da legame con il Superman moderno.
Quale questo Superman sia non è dato saperlo e, anzi, è probabile che non sia alcuno di quelli già visti di recente: non quello di Man of Steel ma neanche quello visto in Supergirl. D’altronde DC, come vi raccontavamo nel nostro freak-out, non è certo nuova a queste scelte.
Dal punto di vista visivo, la resa del pianeta Krypton e della città di Kandor sembra adeguata e richiama molti aspetti delle rappresentazioni passate, inclusa la Camera della Genesi, pur aggiungendo un aspetto più legato agli uomini comuni che cerca di aggiungere un ingrediente di realismo a un mondo di cui sappiamo così poco. I costumi sono un punto su cui siamo indecisi: in alcuni casi sembrano ben studiati e adeguati, in altri sembrano un cosplay a basso costo e di poca convinzione.
Per quanto riguarda la recitazione, pur essendo ovviamente presto per dare un parere definitivo, ci ha lasciati piuttosto freddi: non siamo certamente nei dintorni degli abissi di alcune serie CW o della mai troppo insultata Inhumans, ma non mostra neanche picchi qualitativi che facciano gridare al miracolo; la scelta di usare attori inglesi – inclusa la vecchia conoscenza Rupert Graves – o, comunque, di sfruttare l’accento inglese perché – da come si leggeva in certe interviste – aggiungerebbe un certo lignaggio ai personaggi sembra funzionare solo in parte: di sicuro suona assolutamente fuori luogo il frequente utilizzo del termine mate – tipicamente british – su un pianeta piuttosto lontano dalla terra di Albione.
Ciò che, invece, mostra potenzialità che potrebbero essere ben sfruttate sul lungo periodo sono la descrizione e l’utilizzo della divisione in caste dei Kryptoniani, incluso il trattamento quasi a livello di schiavitù delle famiglie o degli individui che perdono il diritto di appartenenza a una gilda e, soprattutto, all’utilizzo del proprio patronimico.
Krypton, il pianeta, viene mostrato, compatibilmente con altre rappresentazioni passate, come un mondo diviso e dicotomico, in cui la società si è irrigidita su regole inviolabili e indiscutibili: i matrimoni vengono stipulati tra le famiglie, il concepimento e lo sviluppo dei figli avvengono attraverso la Camera della Genesi, in cui è possibile sapere in anticipo quali saranno le caratteristiche e la vita di un futuro figlio, il ruolo all’interno della società di ogni individuo è stabilito dalla società stessa, con assoluta limitazione – da questo punto di vista – del libero arbitrio. Dall’altra parte, però, la scienza finisce in qualche modo per passare in secondo piano di fronte a una religione accentratrice e dittatoriale che non permette il dissenso.
Sarà la posizione illuminata di Val-El in passato e di Seg-El nel presente a fungere da elemento portante – si suppone – del resto della stagione.
Operazione nostalgia con una nuova vernice, quindi, per questo ennesimo tentativo seriale in casa DC, che al momento sembra però riuscire fino a un certo punto: il legame con Superman/Kal-El, per quanto più volte ribadito, è troppo lieve e distante per riuscire a reggere l’interesse dello spettatore medio, rendendo pertanto necessario che la trama riesca a svilupparsi in modo autonomo e faccia – paradossalmente – dimenticare che stiamo parlando di un prequel, per poter camminare davvero sulle proprie gambe.
Che possa farcela è un altro discorso e ci permettiamo di mantenere qualche serio dubbio al riguardo.