Senza capo né coda
A parte l’ovvia mia latitanza da questi lidi, già spiegata e su cui non sto a soffermarmi ulteriormente, queste settimane stanno portando con sé vari momenti di riflessione, prese di coscienza, constatazione di cambiamenti.
Qualche settimana fa sono stato a teatro a vedere lo splendido spettacolo di un’attrice e autrice che, incidentalmente, è stata mia compagna di classe per due anni delle superiori e con cui mi sono ritrovato qualche anno fa attraverso Facebook. Ho avuto modo di scoprire il percorso – o almeno una parte del percorso – che ha seguito in questi anni e mi sono ritrovato colpito e ammirato dalla donna e dall’artista che è diventata.
Ho visto una persona mia coetanea che ha fatto una strada impressionante ed ha seguito la sua vocazione fino a risultati ammirabili ed è una cosa che, nei decenni, ho ammirato di non so quante persone, ma che ovviamente di colpisce di più quando ti sfiora così da vicino.
Io, percorsi del genere, penso di non averne mai fatti, se escludiamo il mio lavoro. Mi sono appassionato a decine di cose, me ne sono immerso, le ho fatte sufficientemente mie, ma poi, prima di poter anche considerare di passare a livelli più importanti, sono andato altrove. La motivazione è sempre stata – almeno ufficialmente – la mia quantità di passioni e interessi e sono convinto che ci sia molto di vero, ma la sensazione di qualcosa che manca mi rimane.
Il romanzo è quello su cui più lo sto sentendo ed è l’unica, al momento, su cui mi sto rifiutando di cedere, per quanto con tempi lunghissimi. Voglio finirlo. Lo voglio con tutto me stesso. Lo voglio anche in quei – tanti – giorni in cui non ho voglia di scrivere mezza parola perché ho passato troppo tempo al pc. Lo voglio perché è nato come sogno, come sfida, come obiettivo e lui deve venire alla luce, non importa la fine che farà poi. E quindi ogni giorno che passo senza scrivere è una frustrazione sotto pelle, nonostante sia una scelta cosciente, perché sento il tempo che passa e guardo chi certi percorsi li ha fatti da decenni e mi dico che sono in ritardo anche per essere in ritardo.
Confronti stupidi e inutili, me ne rendo conto, ma la pulce rimane.
Il tempo. Il tempo che passa è un pensiero che, ultimamente, mi opprime. Cresciamo con l’idea che ci sia sempre tempo per qualunque cosa, anche per ricominciare e io so quante volte ho preso al balzo l’occasione per farlo (altra cosa che di certo ha influenzato quello che già dicevo). E, ribadisco, io sono convinto che valga sempre la pena rimettersi in discussione se si pensa sia opportuno. Quello che però mi opprime è il pensiero che il tempo potenziale davanti a me e le opportunità che con esso arrivano diminuiscono per forza di cose. Che la libertà che potevo avere – potenzialmente, perché la pratica è ben altra cosa e le mie condizioni ai tempi le conosco bene – dieci, venti o trent’anni fa non è la libertà che avrò oggi o domani. Un pensiero senza scopo, ma che mi soffoca più del dovuto.
Amo fare mille cose. Amo leggere e lo sto facendo troppo poco. Amo scrivere e non lo faccio mai abbastanza. Amo collaborare con SerialFreaks e, per fortuna, è una delle cose che riesco a fare con regolarità. Amo guardare serie e film, ma non c’è mai sufficientemente tempo per tutto. Amavo il modellismo (pur, di nuovo, non avendo mai imparato a farlo bene), ma non metto mano a nulla da anni.
Io sono così, lo so, e focalizzarmi solo su una cosa finirebbe probabilmente per soffocarmi. Ma anche il non portare a termine o alimentare a sufficienza tutto non è il massimo. Quindi? Sa’l cazzo, come dicono per le persone di cultura.
E poi i cambiamenti.
Lasciamo perdere gli aspetti interpersonali, gente che va o viene, perché alla fine quelli ci sono sempre stati e sempre ci saranno. Penso ad altro.
Venerdì, dopo il lavoro, e ieri sono stato a due fiere, Tempo di libri e Cartoomics. Tempo di libri è, sostanzialmente, la Fiera del libro di Milano e Cartoomics è la più grande fiera fumettistica della mia città.
Ho sfruttato un biglietto gratuito per Tempo di libri e l’ho girata velocemente, di sera, curiosando tra gli stand e non partecipando ad alcun incontro, mentre Cartoomics l’ho visitata un po’ di più, seguendo un paio di panel e girando tra i padiglioni.
Il risultato? Per buona parte del tempo mi sono annoiato. Ma non per colpa delle fiere, sia chiaro, per colpa mia o, meglio, per colpa del mio passato. Semplicemente ne ho visitate tante, troppe e, soprattutto, ho visitato quelle più emozionanti (almeno in Italia). Una volta che vivi immerso in Lucca Comics, qualunque altra fiera perde fascino e se non ha sue particolarità importanti da proporti finisce per essere fine a se stessa. Tanti gadget, sì, ma il 70/80% di quei gadget si trova in ogni fiera, magari dalle stesse persone. Magliette, belle, sì, ma vedi sopra. E le mostre: se sei stato a una convention di Star Wars con oggetti originali, vedere in mostra repliche è divertente, ma sempre meno. Hai voglia di qualcosa di più. I panel, essendo qualcosa di sempre diverso, sono un discorso a parte, così come gli incontri con gli autori: sono quelli che, spesso, fanno la differenza. Quelli o le esperienze particolari (tipo quella di Stranger Things a Lucca).
Per Tempo di libri il discorso è stato simile: ho visitato la fiera del libro per anni e questa non è particolarmente diversa (come, invece, è un Festival della Letteratura di Mantova, per dire). Ovviamente, se si partecipa a un po’ di incontri, si finisce per personalizzarla e arricchirsi, ma girarla solo tra gli stand equivale a girovagare per un enorme libreria in cui diventa quasi complicato orientarsi. E, occhio, è molto divertente farlo, ma quando hai oltre duecento libri in coda di lettura, anche quella diventa un’attività non esattamente utile.
Quindi noia, di nuovo per cambiamento mio.
Il che non significa che non ci proverò ancora, ma è un dato di fatto che qualcosa è cambiato.
Ho bisogno di più sapore, di qualcosa di più stimolante, di qualcosa di più mio, sia nelle fiere che in ciò che faccio.
Poi ci sono giorno come questo, in cui riesci a scrivere tre pagine e mezza del romanzo, questo posto e, a seguire, un articolo per SerialFreaks e ti sembra di essere incredibilmente produttivo.
Ma la domanda è: per quanto?
E, forse, dovrei imparare a smettere di farmela.
Ma non so, forse è solo che arriva la primavera e io ho sete di vita.
Forse.
E, a margine, sto diventando un maestro nello scrivere post senza capo né coda.
Magari è questo il mio vero talento.