Dov’eravamo rimasti?
Tre settimane dopo, riprendiamo anche qui sopra. Con calma, con la flemma di chi è appena tornato da tre settimane di vita in cui, sostanzialmente, le decisioni erano legate al “cosa fare oggi” o al “cosa vedere” o al “cosa mangiare”, per tornare verso una in cui gli impegni vanno incastrati, le persone gestite, gli scazzi superati quando non evitati.
Sì, in sostanza stavo meglio fino a ieri sera, con molta originalità.
Come sono andate queste tre settimane? Penso che nei prossimi giorni approfondirò alcune cose, da momenti a situazioni, da ciò che ho visto a ciò che ho fatto, senza promesse, ma penso capiterà.
Sono state tre settimane per forza di cose segnate da quello che è successo al loro inizio e che, alla sua ombra, sono comunque state indispensabili per cercare di riprendersi dallo stress dell’anno trascorso per lenire, almeno in piccola parte, il trauma di quanto appena accaduto.
Ho e abbiamo camminato tantissimo, visto musei e palazzi splendidi, ammirato un brachiosauro, mangiato dumplings vegetariani.
Ho e abbiamo avuto la dimostrazione che ci sono persone che sanno esserci quando serve, con discrezione e tatto, ma soprattutto con immenso cuore.
Ho avuto momenti divertenti, momenti difficili, momenti deludenti, momenti amari, momenti di entusiasmo, momenti di fame, momenti di vero sonno, momenti di scazzo e altri di svacco.
Ho litigato con un corriere, ho viaggiato in due nazioni diverse a parte l’Italia, ho guardato Stitch dalla webcam ogni volta che potevo.
Ho letto due buoni libri (il che ha aumentato la media degli ultimi mesi), scritto pochissimo (ma qualcosa sì), desiderato scrivere di più eppure sentito l’esigenza di guardare il mondo attorno a me.
Ho cucinato risotto con la salsiccia a Milano, mangiato libanese a Londra, mi sono fatto svenare per l’acqua a Berlino, ho divorato un covaccino sui colli bolognesi, ho passeggiato al Porto Canale di Cesenatico, ho mangiato fritto come non ci fosse domani.
Ho riso e ho pianto.
Sono stato deluso e sorpreso piacevolmente, amareggiato e contento, infastidito ed entusiasta.
Ho stretto la mano a geni del fumetto, guardato una fiera dietro le quinte, passeggiato per la prima volta sul Tower Bridge, acquistato stampe, rivisto vecchi amici che mancano sempre, trascorso due giorni con un’amica troppo lontana, parlato di cose nerd con un appassionato che attendeva un disegno, chiacchierato di Berlino con una coppia tedesca a una convention inglese, pubblicizzato Lucca.
Ho dormito nelle mie due case, sofferto il caldo, avuto qualche brivido di freddo, soggiornato in un albergo tanto religioso da incenerirmi e, in un altro, in una stanza che puzzava di umidità e grande quanto una cella di San Vittore.
Ho navigato al tramonto su un fiume tedesco, mangiando noccioline e bevendo coca cola, ho sfidato ogni follia guardando Faust in terra germanica, confidando (illusoriamente) sui sottotitoli.
Ho scattato e pubblicato tante foto, perché farlo coi momenti belli non è ostentare come a qualcuno piace credere, è condividere per moltiplicare la bellezza: perché la bellezza, spesso, sa fare questa magia; condivisa cresce, invece di diminuire.
Ho cercato di vivere il più possibile, rendendomi conto della velocità con cui ogni istante passava, cercando di riempirlo il più possibile di vita ed emozioni.
Ho capito (ancora di più) cosa voglio e cosa non voglio, cercato di quadrare il cerchio tra paure e desideri, progettato un nuovo viaggio, lasciato recensioni, spesso positive ma a volte no.
E ora sono qui.
Con la voglia di ripartire subito, perché c’è tanto mondo lì fuori.
Col desidero di ripulire da ciò che non è più mio.
Con l’esigenza di attirare bellezza sotto forma di luoghi, situazioni e persone.
Con un nuovo anno davanti.
Si riprende, vediamo come, ma si riprende.
Cosa celebri oggi?
Di saper ancora imparare. Di sapere ancora godere del bello. I tramonti, i libri, le parole, il buon cibo, l’amore, l’affetto. Gli amici che sanno. La magia di un volo aereo. Il mondo visto dall’alto. La sabbia e l’acqua salata. Il cielo stellato. L’arte. Il coraggio. Anche di dire basta. O di dire ancora.