Un post così
Giornate strane… quante volte l’ho scritto su questo blog? Quante giornate strane? Sarà che probabilmente parto con l’avere una vita strana? Probabile. Ma a questo punto la stranezza come si misura? In discostamento dalla stranezza standard? In variazione rispetto a una sedicente normalità?
Boh.
Fatto sta che sono strane, le sento strane, le vivo come tali e ci accontentiamo così, ok?
Giornate strane, dicevo.
L’umore non è al massimo. Non lo è sia a causa della non-risposta di martedì, sia per l’accumulo di stress lavorativo che inizia a farsi sentire (mi è venuto un Herpes sul naso. A me. Per dire) e anche perché in questo periodo sento parecchio il peso di una mancanza di interazioni regolari e stimolanti.
Ho imparato a stare da solo da anni, ormai, e dico sinceramente che ne sono felice e fiero: non avessi imparato, mi sarei perso non so quante esperienze, tra film che avrei voluto vedere, spettacoli a Londra, gite e via dicendo. Penso che saper stare da soli, saper gustare le esperienze per quello che sono sia una dote importantissima che prima o poi dovremmo tutti sviluppare.
Il rovescio della medaglia, però, c’è ed è che quando senti il bisogno reale di interagire, ecco che questo non è più uno sfizio, non è un semplice desiderio che si potrebbe ovviare in altro modo, ma diventa una necessità, quella stessa necessità che porta all’arricchimento personale attraverso il rapportarsi con gli altri.
Ecco quindi che puoi trovarti a vivere cose anche molto piacevoli, ma che in qualche modo perdono sapore rispetto al solito perché in quel momento vorresti condividerle e, per vari motivi, non puoi: certo, i social e i sistemi di messaggistica aiutano un po’ da questo punto di vista, ma non quanto servirebbe.
Ciò non toglie che oggi sono tornato a Orta, ho scoperto una nuova passeggiata che non conoscevo (ed è successo solo grazie a un contrattempo coi parcheggi, quando si dice che non tutti i mali…), ho camminato per 7 km (ma stavolta non l’avevo deciso a priori), ho fatto un po’ di foto, ho mangiato pizza su una panchina, mi sono sdraiato su un’altra panchina in cemento sotto un albero enorme godendomi la brezza e sono tornato a casa non prima di essermi mangiato un gelato.
Però… però vedi sopra, ecco.
E ora vado a guardarmi Dr. Horrible, che stasera secondo me ci sta bene.
Perché? Boh. Mica serve sempre un perché.
Anzi, quasi mai, a dire il vero.