Risvegli
Quando una data rappresenta una sorta di spartiacque a cui, man mano che si avvicina, tende il pensiero, è naturale (o, almeno, lo è per me) che la mente viva quel giorno come un momento di supposto cambiamento, qualunque esso possa essere, che pertanto si aspetti, il giorno dopo, che ci sia qualcosa di diverso.
Poi quella giornata arriva e, può capitare come stavolta (e non solo) a me, non si ottiene risposta e si viene messi in attesa per non si sa quanto: è così che non solo le scatole girano per l’ovvio fastidio nell’ulteriore ritardo, ma capita anche che la mattina successiva il cervello non si sia ancora resettato e si aspetti che ci sia qualcosa di diverso.
Ma il qualcosa di diverso non c’è, il sapore è sempre lo stesso, le aspettative non sono cambiate o, per certi versi, sono anche diminuite e la conseguenza è semplice: senso di vuoto da riempire e bisogno di qualcosa di bello da vivere. Bisogno fisico. Necessità impellente. Scalpitante. Crescente.
Ecco, io stamattina mi sono svegliato così.
Poi ho trascorso l’intera giornata da un cliente.
Per dire.