Un post senza risposte
Canzoni in shuffle durante le passeggiate, amici o conoscenti che periodicamente attraversano certe fasi della vita e, non ultimo, il fatto di non passarci tempo in prima persona, mi permettono a volte di guardare da fuori a situazioni e comportamenti che ci caratterizzano più o meno tutti e da cui è difficilissimo non solo sdoganarsi, ma anche capire come e quando farlo.
In questo momento penso alle situazioni di corteggiamento e, in particolar modo, a quelle non corrisposte. Non so a voi, ma a me ne sono capitate tantissime: dalle cotte adolescenziali a situazioni più serie negli anni. Legittimo, assolutamente: fosse sempre garantito che la persona di cui ci innamoriamo ci ricambierà non esisterebbe buona parte della produzione letteraria, musicale, cinematografica e televisiva conosciute.
Una regola che ripeto sempre a tutti, in primis a me stesso (quando ero nella situazione) sarebbe tanto semplice quanto fondamentale: non ci si svende mai. Non ci si porta al punto di dipendere da un gesto dell’altra persona nella speranza che qualcosa cambi perché se si arriva a quel punto è praticamente garantito che non cambierà mai.
Regola bellissima. Preziosa. Fondamentale. Tutto quello che volete. Peccato che non copra tutto e, proprio dove non copre, mostra dei limiti notevoli.
Prendiamo me (ovviamente, dato che sono io che scrivo): nella mia vita le storie nate in modo “allineato” sono state due. Forse tre. Le altre si possono riassumere solo in un modo: mi sono fatto il culo quadrato perché la persona di cui mi ero innamorato si rendesse conto che la cosa poteva essere reciproca. Settimane, anche mesi, in cui ho fatto tutto ciò che era in mio potere per conquistare la persona, per fare cadere dubbi, ritrosie, muri.
Se avessi dato retta al mio consiglio iniziale non sarebbe successo: avrei preso e mi sarei ritirato. Fortunatamente non l’ho fatto, ovviamente, ma il problema rimane: quindi? Quanto è lecito proseguire?
Di nuovo, la regola d’oro dovrebbe essere “se ti è stato detto esplicitamente di no, allora fattene una ragione”. Ma a parte che non è banale, di nuovo per esperienza ci sono state situazioni in cui quel no era paura, non convinzione. Erano no detti con le labbra, ma non col cuore. Ma come distinguerli? Non sempre, soprattutto se si è molto presi, è così evidente e non sempre si è adeguatamente equilibrati: ricordiamoci che tante, troppo notizie in cronaca nascono da no non accettati.
Verrebbe da dire di usare il buon senso. Di capire che non si può dare costantemente senza ricevere e se anche si decide di farlo per “investimento emotivo” non si può mai andare oltre una certa soglia, quella in cui rischiamo di non essere più in grado di rialzarci, ma è una risposta troppo facile, che (di nuovo) non copre tutte le situazioni.
Io come me la sono cavata? Vorrei dire di essermela cavata meravigliosamente sempre, ma mentirei spudoratamente. In linea di massima i rifiuti sono sempre stati difficili da gestire e anche quando definitivi hanno impiegato tempo a mettere radici, tempo in cui non sempre ho dato il meglio di me. Poi è sempre subentrato l’amor proprio e i “ma che cazzo stai facendo” e, forse, posso andare fiero che il tempo tra la prima fase e quest’ultima si sia comunque ridotto. Immagino sia qualcosa. (E, tra l’altro, l’amor proprio è uno strumento meraviglioso e segna il momento in cui si torna a essere forti, spesso utile anche ben prima di un qualsiasi rifiuto).
Una cosa è certa, le canzoni che cantano “ti prego amami” scordano un piccolo particolare: davvero vogliamo essere amati da qualcuno che dice sì perché l’avete pregato? E, a quel punto, quanto sicuri saremo di essere amati, amati sul serio?
In Game of Thrones un personaggio, a un certo punto, racconta del suo amore non corrisposto per una donna; gli viene chiesto “non hai sofferto quando ti ha rifiutato e ti sei allontanato?” la risposta è meravigliosa: “perché dovrei aver sofferto io? Lei ha perso qualcuno che la amava, io qualcuno che non mi amava”.
Riuscissimo a ricordarcelo, riuscissimo a farla nostra, tutto sarebbe più facile.
Forse con qualche bella canzone in meno, ma più facile.