Geni Bastardi

Lo studio della scienza (ma così anche quello dell’arte, della storia, della letteratura) per forza di cose ci porta a guardare al passato, a quei geni che, partendo dal nulla, ci hanno portato ad avere quel sistema scientifico, quelle nozioni, quelle leggi universali che sono la base su cui oggi noi facciamo praticamente tutto e che usiamo da trampolino per i nostri futuri balzi.

Sono innumerevoli i nomi, alcuni conosciuti da tutti, altri solo dagli addetti ai lavori, che giungono fino a noi e, in un modo o nell’altro, diventano una sorta di figura astratta della quale noi conosciamo solo il contorno definito dai successi accademici e scordandoci, pertanto, di approfondire il lato umano che aiuterebbe a sapere di più di questi padri della scienza.

Il problema è che, come si dice spesso, non sempre conoscere i propri miti aiuta a mantenerli tali, anzi: sono molte più le volte in cui il loro ridimensionamento è vigoroso e altrettanto doloroso, proprio perché ci dobbiamo trovare di fronte all’impresa di affiancare il gigante accademico alla sua controparte umana spesso ben più modesta, per non dire infima.

“Newton & Co. – Geni bastardi” si propone proprio di far conoscere rivalità e asti di quegli scienziati soprattutto britannici che hanno letteralmente fatto da fondamenta per ciò che è la scienza moderna, a partire, appunto, da Sir Isaac Newton, personaggio attorno al quale gravita praticamente l’intero libro.

Newton è, infatti, non solo la figura scientifica maggiormente di spicco del periodo considerato, quella che direttamente in vita veniva considerata “divina” nel mondo scientifico e non, ma fu spesso e volentieri una delle due voci che si scontrarono in questi scontri violenti e lunghissimi che rivelarono più volte la piccolezza umana, ancora più evidente se confrontata col genio scientifico.

Newton fu uomo presuntuoso, collerico, che mai sopportò una qualunque forma di critica e, soprattutto, vile e vendicativo, pronto a mentire per svilire un avversario ma anche a fare il possibile per cancellarne ogni traccia dopo la morte (cosa che fece più volte, almeno nei confronti di Robert Hooke e di Leibniz): fu persona capace di enormità dal punto di vista scientifico, ma fu anche al contempo sanguinario carnefice nel periodo in cui fu a capo della Zecca di Londra, raggiunse conquiste inimmaginabili ma cercò anche costantemente di vedere il proprio nome coperto di gloria, meglio se a scapito di altri contemporanei.

Difficile provare empatia per un uomo del genere, ma difficile provarne, a dire il vero, per molti altri suoi contemporanei, a partire del suddetto Robert Hooke, dai mille interessi e dalle mille capacità ma sempre pronto a cercare di accaparrarsi il merito di scoperte cui, magari, aveva dato parziale contributo. Eppure fu artefice della ricostruzione di Londra dopo il grande incendio, fu studioso accurato della natura, fu all’avanguardia su una marea di campi. Non fosse stato per il suo carattere, per l’incapacità di concentrarsi in modo formale su un argomento alla volta, per il suo vedere complotti ovunque (anche se spesso alimentato da vere ostilità), per il suo continuo inimicarsi colleghi e studiosi, forse oggi sarebbe molto più famoso e riconosciuto. Ma coi se non si ottiene nulla e negli scontri con Newton finì per venire sconfitto, oltre a essere praticamente cancellato dopo la sua morte per mano del suo rivale: si pensi che non esistono suoi ritratti, andati tutti persi o distrutti.
Verrebbe quasi da provare simpatia, non fosse che Hooke stesso era un personaggio ostico, aggressivo, irritante e, per non farci mancare nulla, incestuoso: ebbe a lungo, infatti, una relazione con la figlia del fratello.

E potrei andare avanti a lungo, ma il libro lo fa ovviamente meglio di me, arrivando a delineare uno scenario che risulta quasi impossibile da credere, in cui la scienza non è la condivisione che siamo abituati a immaginare oggi, ma un terreno di egoismi, primedonne, scontri e, ricordiamolo, pesanti influenze delle religioni e delle superstizioni.

Se viene in mente una persona che non viene voglia di prendere a sberle prima o poi in questo libro quella è John Flamsteed, astronomo a capo dell’osservatorio di Greenwich il cui unico scopo sembrò essere sempre la scienza e la conoscenza e che proprio per questo finì, anch’egli, schiacciato sotto i movimenti del “divino” Newton.

Un libro che apre sicuramente molte finestre su un periodo fondamentale della nostra storia, mostrando un’ottica inusuale che per molti potrebbe sembrare non necessaria ma che, secondo me, aggiunge un contesto ai risultati, aiutandoci anche a ricordare che nessuna scoperta scientifica si è mai ottenuta con facilità, bensì con ricerca, testardaggine e con scontri tra menti eccelse durati anche anni o addirittura decenni.
Eppure non si tratta di un volume esente da difetti, anzi.

Anzitutto la scrittura, per quanto abbastanza scorrevole, tende a essere anonima, in qualche modo fin troppo uniforme, un po’ povera di personalità: non che ci si aspetti chissà che da un libro del genere, però c’è qualcosa che lo rende insipido, se vogliamo; aggiungiamoci alcuni refusi o grossolani errori non so se degli autori o dell’editor (“un terno all’otto”? Sul serio?) e due capitoli, quelli iniziali, che presentano una scelta molto opinabile: raccontare la gioventù di Newton e Hooke come se fossero raccontate in prima persona. Perché una scelta del genere, tanto originale quanto, a mio parere, fuori luogo? Non è un romanzo, che senso ha inventarsi letteralmente una voce narrante in prima persona in un libro di divulgazione? Soprattutto considerando che poi non si innesta affatto col resto del volume, quasi a dare l’impressione che quei capitoli siano stati scritti da qualcuno di diverso rispetto ai successivi.

Nessun difetto drammatico, come si può vedere: si tratta in sostanza di un buon libro che dà ciò che promette, ma lo fa come il professore preparato ma poco stimolante che tutti abbiamo avuto; bravo, eh? Ma quello che sapeva tenere alta l’attenzione era un altro. Qui l’attenzione è tenuta alta dall’argomento interessante, quello sì.

Per veri curiosi.

Aries

Finché potrò continuerò ad osservare. Finché osserverò continuerò ad imparare. Finché imparerò continuerò a crescere. Finché crescerò continuerò a vivere.

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