Evolvendo

Ho aperto la mia attività, ufficialmente, il 1 gennaio 1999.
Non avevo ancora 25 anni e le mie conoscenze erano, come può essere immaginabile, un decimo, probabilmente anche meno, di quelle che ho adesso.

Aprii in modo probabilmente un po’ irresponsabile, con un solo cliente inizialmente sicuro e la volontà di offrire il maggior numero di servizi possibili: ricordo dei volantini in cui tra tutte le attività proposte c’era anche la traduzione di testi, per dire.
Erano anni senza adsl, senza social, in cui io stesso non avevo ancora un sito (e non lo avrei avuto per diverso tempo), la carta intestata aveva un logo che definire imbarazzante sarebbe essere clementi, sviluppavo software su piattaforme e linguaggi che ora non avvicinerei con un bastone da tre metri.
Ero un principiante, cosciente di esserlo, ma con tanti sogni e speranze.
Ci sono voluti anni di gavetta, gavetta vera, in cui mi dividevo tra il lavoro vero e proprio per la ditta, quello parallelo come docente aziendale e quello, quasi full-time per un periodo, di insegnante in una scuola superiore.
Anni in cui ogni cliente era un benedizione, in cui vendevo pc anche ai privati, in cui 50 o 100 euro guadagnati su un pc potevano cambiare l’andamento di un mese.
Non ho mai smesso di imparare.
Imparare dai miei errori, imparare dalle nuove proposte che mi venivano fatte, imparare da un progetto dietro l’altro: ciò che non sapevo fare (ed erano tante le cose), se non totalmente fuori portata, lo imparavo; in alcuni casi ne diventavo anche esperto.
Questo è ciò che ho sempre fatto, ciò che faccio tutt’ora.
Evolvo.
E così fa la clientela a cui mi rivolgo, i clienti con cui lavoro.
Se anni fa potevano essere piccole aziende (o privati, finché non decisi di mollarli) che avevano certe esigenze di base e con le quali non ci si formalizzava troppo in termini di rapporti e servizi, col tempo le cose sono diventate più grandi, serie e professionali: non lo dico per chissà quale desiderio di vantarmi, lo dico per pura presa di coscienza.
Potrei nominare almeno tre marchi nazionali o internazionali che lavorano o hanno lavorato con software sviluppato in toto o parzialmente da me.

Ora, diciassette anni dopo, mi trovo quindi in una situazione piuttosto particolare: da una parte ho la clientela allineata con ciò che sono ora, quella che mi dà lavoro ogni mese, quella che mi fa lavorare a progetti di certe dimensioni, dall’altra ho quei piccoli clienti rimasti dai primi giorni; alcuni sono spariti, vuoi per esaurimento delle esigenze, vuoi per allontanamento naturale, ma due o tre sono rimasti.
Il che non sarebbe neanche un male: certo, non mi danno granché da vivere, ma in linea di massima sono poco invadenti e poco problematici.

Ma (perché, ovviamente. c’è un ma).
Loro non sono evoluti. C’è chi lavora con me da diciassette anni e, in diciassette anni, non ha mai aperto la sua mentalità, non ha mai cercato di ottenere più di quanto fosse la base e, spesso, neanche quella: risparmio immediato, poco sguardo al futuro, zero voglia di investire.
Così era, così è.
Inutile proporre innovazioni serie, il muro è sempre stato lì ad attendere.
E per il me di diciassette anni fa non era un problema: io ero a quel livello allora.
Per il me odierno il problema c’è.
C’è soprattutto se un cliente che non ti dà da mangiare neanche per due settimane in un anno finisce per sentirsi in diritto di pretendere come se fosse il più importante, come se tu non aspettassi altro che le sue richieste.
C’è se si perde il senso della prospettiva, perché se 17 anni fa io non avevo termini di confronto, ora li ho eccome e, di nuovo, il re è nudo.

Per cui i clienti storici che hanno richieste equiparabili a quello che sono disposti a pagare sono ben accetti.
Gli altri no.
Non più.
Perché il mio lavoro, mi spiace, vale molto più di quello che loro sono disposti a offrire.
Motivo per cui, al 99%, entro settembre uno di questi clienti perderà il suo consulente.

La mail sarà una cosa del tipo “mi rendo ormai conto che le vostre esigenze specifiche non sono compatibili con le disponibilità che sono in grado di darvi, per cui ritengo corretto lasciarvi liberi di scegliere un nuovo consulente più adeguato alle vostre richieste”.

Che, in diplomatichese, significa “non mi scassate più le palle, perché non ho tempo da perdere con voi, cercatevi uno studente universitario che vuole arrotondare”.

D’altronde mi sono evoluto anche nella comunicazione, no?

Aries

Finché potrò continuerò ad osservare. Finché osserverò continuerò ad imparare. Finché imparerò continuerò a crescere. Finché crescerò continuerò a vivere.

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2 risposte

  1. Giovanna ha detto:

    Se vuoi abbracciare il futuro non lasciare all’oblio il passato.(Cit.)
    Ma trai e conserva la lezione che ti ha insegnato.Aggiungo io.
    Grazie di cuore. 🙂

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