273. Angolazioni

Oggi, per smaltire un po' di tensione, ho passeggiato per un paio d'ore.

La zona intorno a casa mia non è molto uniforme in struttura e diffusione dei palazzi e, allontanandosi dalle vie più trafficate, si possono osservare scorci veramente molto originali.

Passeggiando lungo il naviglio Martesana, fino al momento in cui finisce sottoterra, ad esempio, sembra di immergersi in alcuni scenari post-industriali, con orti abusivi e vegetazione parzialmente selvatica e passaggi non sempre ben illuminati sotto ponti della ferrovia.

Camminare in quelle zone mi ricorda il fascino che hanno per me i luoghi inaccessibili, quelli nascosti, abbandonati o semplicemente per pochi autorizzati.

Percorrere il naviglio, purtroppo in secca, e vedere costruzioni chiuse e abbandonate con alcune finestre rotte, oppure uno dei suddetti orti, magari attrezzati anche oggi con sedie e tavoli e nessuno seduto intorno, o ancora i tanti binari secondari delle ferrovie, quei depositi a cielo aperto dopo può capitare di vedere treni fermi per ore o giorni, accessibili spesso solo da strade secondarie sterrate con alla fine un cancello col cartello “divieto di accesso ai non autorizzati”.

Ecco, una parte di me sogna sempre o immagina di essere autorizzato.

Autorizzato ovunque.

Di guardare il mondo da angolazioni diverse da quelle concesse.

Come, sembra scemo, la prima volta che mi sono messo dietro una cattedra a insegnare.

La meraviglia di osservare ciò che conosciamo in modo mai visto prima, affiancata a quella di scoprire ciò che una porta nasconde, fossero anche soltanto polvere e calcinacci.

Scoprire cosa c'è dietro o com'è il mondo visto da lì.

Essere dall'altra parte.

Mentre passavo sotto uno dei ponti, un treno mi è passato sopra la testa.

Non uno di quelli nuovi, ad alta velocità, iper fighi.No.

Uno di quelli vecchi, con le porte strette e i locomotori quasi piatti.

Andava “in retromarcia”, sicuramente non stava operando per passeggeri, e all'estremità della coda (che però era la testa, ci siamo capiti) c'era qualcuno delle ferrovie fermo a guardare fuori dal finestrino.

Ecco, in quel momento gli ho invidiato la vista e mi sono chiesto se stesse riuscendo ad apprezzare il poter vedere qualcosa come pochi altri: era in alto, su quel particolare, in testa al treno, una posizione che pochi possono avere. Ci pensava? Se ne rendeva conto? Spero di sì.

Passeggiare così, nei dietro le quinte, dietro i palazzi, le strade, gli appartamenti più o meno illuminati, mi ricorda quanto poco vediamo ogni giorno di tutto ciò che ci circonda, quando potremmo scoprire e ammirare: magari non potremo mai entrare dietro uno di quei cartelli, ma possiamo almeno sforzarci di guardare da un'angolazione nuova qualcosa che diamo per scontato.

Potremmo rimanere sorpresi.

Molto sorpresi.

 

 

Aries

Finché potrò continuerò ad osservare. Finché osserverò continuerò ad imparare. Finché imparerò continuerò a crescere. Finché crescerò continuerò a vivere.

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