269. La casa delle parole.
Un Paese non nominato in preda a disordini sociali, economia allo sfascio, dipendenze.
Poi una ricercatrice fa una scoperta e, come al solito, questa scoperta viene manipolata per ben altri scopi.
Si scopre un modo per mantenere la popolazione sotto controllo rendendola felice di esserlo: i libri.
Ma non quelli pericolosi del passato, non la bannata letteratura che può scatenare pensiero, no: si parla di libri scritti ad hoc, che vengono categorizzati e venduti in base all'emozione che vogliono e devono scatenare; ci sono “libri tristezza”, “libri risate a crepapelle”, “libri brivido” e così via e tutti, tutti, reagiscono a tali libri come se queste emozioni li travolgessero.
LIbri prodotti in serie, sfornati letteralmente a migliaia da scrivani addestrati allo scopo, prodotti nati apposta per stuzzicare reazioni di base e, in questo modo, controllarne l'esplosione e la diffusione.
Vengono organizzate anche letture pubbliche talmente di richiamo da far sì che la popolazione cerchi con qualunque stratagemma di partecipare: manifestazioni regolari che generano isteria collettiva, fanno far cassa e mantengono il pubblico sotto controllo.
Tutti sono influenzati da questi libri in serie, tranne gli Agenti, arruolati come elementi di sicurezza e a cui è vietato imparare a leggere: l'analfabetismo, in origine loro grande lacuna, diventa così elemento di distinzione per uno status sociale agiato e superiore.
Ma, come in ogni storia, qualcosa va storto.
Un Agente che impara a leggere non era previsto.
Così come non era previsto che capisse che quei libri, quelli che tutti adorano, sono in realtà una menzogna ben congegnata.
Ed è dall'imprevisto che tutto cambia e forse, forse, qualche speranza può nascere.
Un libro interessante, una sorta di versione moderna di Farenheit 451 con, ovvviamente, i dovuti ridimensionamenti e con aspirazioni molto minori.
Più che un romanzo, si tratta di un racconto lungo che, come tale, non può e non vuole approfondire eccessivamente vicende e personaggi, preferendo tratteggiare idee e situazioni: una scelta che può piacere o non piacere, ma che va comunque accettata e rispettata.
Quello che più conta è che in una realtà come la nostra in cui Fabio Volo è in testa alla classifiche di vendita, in cui libri predigeriti la fanno da padrone, una distopia come questa non sembra affatto così lontana.
E questo, volenti o nolenti, genera parecchi brividi.
Un libro veloce che avrebbe potuto essere molto di più ma che comunque merita una lettura.