210. Contentini
Uno dei modi in cui il mio scalpitare si manifesta è nel continuo cercare di inserire novità in quel che faccio, come fossero iniezioni di stimoli, sebbene artificiali, nel tentativo di scatenare una reazione a catena.
Il mediacenter, ad esempio: era un bel po' che pensavo di metterci mano, ma solo in queste settimane mi sono deciso; il fastidio e lo sbattimento del dover reinstallare e riconfigurare sono improvvisamente diventati meno importanti dello stimolo di progettare, testare, mettere in funzione.
Ma anche la voglia di provare nuove ricette (guarda caso è successo oggi) o, in maniera più sottile, proporre a un cliente una soluzione diversa dalle solite non solo perché convinto che si adatti bene, ma per avere lo stimolo di provare a implementarla.
Di avere una piccola nuova sfida.
E mi accorgo che mi guardo in casa col desiderio di rivoluzionare, non perché non mi piaccia casa mia così com'è, ma per il gusto del cambiare.
“L'unica costante è il cambiamento”, frase che ho sempre sentito mia e che, strana coincidenza, ho sentito ripetere qualche sera fa: fa sempre un certo effetto sentire dire ad altri qualcosa in cui si crede tanto profondamente.
Cambiare.
Rinnovare.
Evolvere.
Sono mesi, anni che penso al quarto tatuaggio e forse dovrei cercare in qualcosa di tanto vicino da non vederlo quasi.
Quante volte ho scritto su questo blog quelle parole?
“Evolvere”, se cercassi, è probabilmente la parola che ho scritto più spesso.
Ma, d'altronde, come potrebbe essere diversamente?
Come riesce a vivere chi non cambia?
Come si fa, a un certo punto, ad accontentarsi del rumore di fondo di un'esistenza senza picchi?
Domanda retorica: non mi interessa come si faccia, affatto.
Per cui l'ennesimo lungo sproloquio per dire che la pelle prude e le sto dando balsamo sotto forma di contentini.
Sperando che quella fottuta spada di Damocle non arrivi a colpire nel momento preciso in cui la muta sarà in corso.
Che Murphy, si sa, non ne sbaglia mai una.
Mica come me.