174. Quel giorno al Barbican
Recensire uno spettacolo che probabilmente nessuno di chi mi legge potrà vedere se non, forse, al cinema è di sicuro poco utile, per cui preferisco parlare per fotogrammi e impressioni, per ricordare un giorno che, comunque, rimarrà impresso nella memoria, uno di quei momenti per cui è bello dire “io c'ero”.
Il Barbican Theatre è un teatro splendido ed enorme, ma la scenografia dovrebbe tenere conto dei posti laterali.
Cumberbatch è, che scoperta, un attore incredibile e ha messo in scena un Hamlet arrabbiato, fisico, travolgente, qualcosa che rimane sotto pelle e ci vuole un po' prima di assimilare.
A Londra ci dev'essere un'epidemia di tisi o non si spiega la quantità di gente che tossiva durante lo spettacolo.
Vivere un'esperienza del genere è già splendido, farlo con persone care e amicizie recenti lo rende unico.
Avere un attore come Cumberbatch porta il grande rischio di oscurare il resto del cast: quando il resto del cast è solo discreto il rischio diventa una conferma immediata. Il vantaggio è che Hamlet è una di quelle tragedie costruite su un solo personaggio, altrimenti un po' di delusione ci sarebbe stata.
La scenografia è enorme, imponente, visivamente appagante e ancora mi chiedo come facciano ogni sera a ricoprirla di tutto il materiale che si vede nel secondo atto e poi ripulirla per il giorno dopo.
Al bar del Barbican vendono il gelato al Gin Tonic. Sul serio.
Ma la chicca, quella che oggi mi ha fatto un po' di più amare Londra è stato l'uomo di 70/80 anni che, fuori dal teatro, mi ha chiesto il motivo di tutta la coda (gente che aspettava alla stage door dopo lo spettacolo pomeridiano) e che ha finito per raccontarmi del suo primo Hamlet, di come lo ascoltasse poi sempre su disco e di quanto, poi, per lui tutti gli altri fossero “sbagliati”. E ancora del concerto che stava andando a sentire, con un'artista di cui mi è sfuggito il nome e un quartetto d'archi. Camminava lento col bastone, aveva gli occhi azzurri velati e si è allontanato piano ma deciso verso il suo concerto.
E io, dietro, sorridevo.