70. Un mondo (dis)incantato
Che palle.
Inizio così questa recensione in modo da non lasciare dubbi riguardo la mia opinione su “Hayao Miyazaki – Un mondo incantato” di Valeria Arnaldi.
Avevo comprato questo libro con vero entusiasmo.
Un libro intero dedicato al genio di Miyazaki, scritto per di più da un'italiana, la curiosità era enorme, l'edizione sembrava notevole, tutto spingeva all'entusiasmo.
Finché non l'ho letto.
Ho impiegato quasi una settimana a leggere un libro su un autore che adoro composto da 250 pagine spesso cariche di immagini: spero renda almeno in parte l'idea sulla fatica fatta a leggerlo.
Provo a dettagliare un po'.
L'idea è assolutamente bella, approfondire l'opera del maestro a partire dai suoi inizi fino a raccontare dei suoi papabili eredi, passando per buona parte delle sue “creature”.
Ottimo, poi, l'apparato fotografico, con immagini che da sole alzano il valore del volume.
Aggiungiamo anche che l'autrice ama senza dubbio Miyazaki e ha fatto indiscutibilmente un profondo lavoro di ricerca.
Il problema è che non basta.
Non basta che, invece di narrare e raccontare magari vicende poco conosciute, tu, autrice, ti metta a scrivere la fiera della sega mentale sui significati intrinseci di una scelta piuttosto che un'altra.
L'effetto è quello che trasmettono i tanti critici d'arte e letterari così pieni di sé e tronfi delle loro convizioni da non chiedersi neanche se tali convizioni siano valide o meno.
Ci sono più punti nel libro in cui la Arnaldi arriva a dire “questa teoria è stata negata più volte da Miyazaki, ma non importa, perché è evidente sia così”.
Come? L'autore ti dice espressamente che una cosa non è in un certo modo e per te le sue affermazioni non contano? Hai la presunzione di saperne di più rispetto a colui di cui stai parlando?
La volontà di leggere significati profondi o reconditi per ogni singola immagine o scelta narrativa di Miyazaki mina pesantemente l'intero libro, svuotandolo di interesse. Uno dei tanti esempi riguarda la scelta del regista Anno per dare la voce al protagonista di “Si alza il vento”. L'autrice inizia a supporre che, essendo Anno l'autore di Evangelion, la scelta sia simbolica e latrice di un significato profondo. Peccato che nel documentario a cui ho assistito poche settimane fa si mostri chiaramente come Miyazaki arrivi quasi per caso a pensare che Anno abbia la voce giusta e si metta pure a sghignazzare pensando a quanto sia scema e rischiosa la scelta.
Quasi un gioco, quindi, ma per la Arnaldi era ben altro.
Ancora più eclatante è quando l'autrice racconta di come si sia vociferato che “Il mio vicino Totoro” fosse in realtà una sorta di metafora di un violento fatto di cronaca avvenuto anni prima. Miyazaki l'ha sempre negato, ma per l'autrice poco importa: i riferimenti sono evidenti, dice, quindi il dubbio è legittimo.
Mi spiace, signora Arnaldi, non funziona così, non quando si cerca di rendere lo spirito di un autore.
A questo aspetto se ne lega uno ancora più fastidioso: il linguaggio. Abbiamo capito che hai approfondito e studiato l'autore, abbiamo capito che ne hai trovato significati reconditi anche dove non c'erano, ma questa non ti giustifica dall'utilizzare termini antiquati, rari, pretenziosi col solo scopo di dare tono a ciò che stai scrivendo. Compito di chi scrive è raggiungere il proprio lettore e se certe forme possono funzionare in una tesi di laurea sulla filologia medievale (e pure qui avrei qualche dubbio), non vanno certo bene su un libro divulgativo il cui scopo è presentare le opere di un autore al grande pubblico.
Il contesto non è un optional e leggere parole come “terzeità” o frasi come “il conflitto riacquisisce così la leggerezza della bidimensionalità per rivelarsi nella concretezza del suo essere metafora” dimostra esclusivamente un amore per la propria (presunta) padronanza di linguaggio e un malcelato snobismo linguistico che mal si adattano a un libro del genere. E dispiace, perché alcuni concetti sono interessanti, ma se vengono affogati tra interpretazioni “chiarissime” che altro non sono se non voli pindarici dell'autrice e frasi arzigogolate, il tutto va a perdersi in un'occasione sprecata.
Altro punto a cui tengo particolarmente.
Quando si parla di un'opera, se ne fa la recensione o l'analisi, una regola d'oro va sempre rispettata: non si fanno spoiler sulla storia a meno di avvertire prima il fruitore della recensione/analisi. Non si fa perché il lettore potrebbe non aver ancora visto o letto l'opera di cui si parla e potrebbe, giustamente, irritarsi vedendosi rovinata l'esperienza dalle parole di chi, invece, dovrebbe spingere a vederla.
L'autrice delude anche su questo punto. Ogni volta che parla di una serie tv o di un film ne fa un riassunto più o meno dettagliato arrivando ad anticiparne il finale o gli svolgimenti chiave con la scusa di analizzarli.
Peccato che, per fare un esempio, io non abbia visto ancora diversi film dello Studio Ghibli e pertanto la lettura del libro mi abbia potenzialmente rovinato parte del gusto della visione.
Era indispensabile? Non credo, dato che nelle analisi dei film che ho invece già visto non ho trovato nulla che giustificasse gli spoiler: bastava rimanere sul vago relativamente alle vicende e proseguire sui punti più generici; per di più i suddetti voli pindarici dell'autrice non hanno certo bisogno di tante basi, per cui la scelta è ancora più immotivata.
L'autrice avrebbe dovuto avvisare all'inizio di ogni capitolo dedicato a un'opera che ci sarebbero stati spoiler. Non facendolo ha peccato di leggerezza e mancanza di rispetto nei confronti del lettore.
Ultimo punto: l'editing. Soprattutto nella seconda parte ci sono errori nei nomi dei personaggi, refusi, segni di un editing approssimativo che, invece, nella prima parte sembra migliore. La cosa che però salta di più all'occhio è la filmografia. Un corsivo dice: “In grassetto i film prodotti dallo Studio Ghibli”. Peccato che non ci sia neanche una voce in grassetto. Un segno di scarsa cura e, di nuovo, scarso rispetto verso il lettore in un libro che costa ventidue euro, non certo cinque.
Deludente, quindi, su molti fronti. Consigliato solo a chi voglia leggere un po' di notizie magari meno conosciute: quelle ci sono, corredate da un bel po' di immagini splendide. Non basta, però, per far valutare positivamente un libro come questo.
Su Goodreads lo valuterò una stella. Quella stella è per Miyazaki, per le sue immagini e per ciò che di suo c'è in questo libro. Le quattro mancanti sono tutte per l'autrice.