Stronzo

Supermercato, fine giornata.
Stanco, sudato, accaldato, desidero solo fare quel po’ di spesa e andarmene a casa.
In coda alla cassa, ho una quindicina di cose nel carrello, il prossimo sono io.
Si avvicinano due ragazzi che ho già visto girovagare tra una cassa e l’altra e indicare poi la mia.
Hanno in mano due confezioni da tre bottiglie di birra.
“Senta, ci fa passare?”
“No, ragazzi, scusate ma ho fretta anch’io”.
Rimangono un attimo interdetti, poi uno dei due.
“Va bene, ma posso dire una cosa? Ho ventitré anni e non mi è mai capitato che qualcuno mi dicesse di no”.
“Mi spiace, oggi sei cascato male”.
Pago e me ne vado.

Ora.
Di preciso quando è successo che la richiesta di un favore sia diventata un implicito obbligo a fare quel favore?
Il concetto dovrebbe essere ti chiedo un favore -> puoi farlo -> lo fai -> ti ringrazio perché non eri tenuto e sei stato gentile o, in caso contrario, ti chiedo un favore -> non puoi o non vuoi farlo -> non eri tenuto.
Ora invece sembra che il concetto sia ti chiedo un favore e tu sei obbligato a farlo altrimenti sei uno stronzo.

Bene, allora sono stronzo.
Sono stronzo perché ritengo che il mio tempo valga quanto quello di chiunque (e in alcuni casi, scusate la presunzione, un po’ di più, perché è il MIO).
Sono stronzo perché io decido a chi fare un favore e a chi no e non mi sento in obbligo morale di far passare davanti in coda due stronzetti solo perché loro non hanno voglia di aspettare.
Fosse stata una persona anziana le avrei proposto io di passare avanti, nonostante la stanchezza.
Fosse stata una donna incinta o una persona in difficoltà pure.
Ma quei due?
Possono andare a farsi fottere a passi lunghi e ben distesi.
Questo fa di me uno stronzo?

Amen.
Me ne farò una ragione.

Sarò uno stronzo che sa dar valore al suo tempo e concederlo a chi lo merita.

Ci sono sorti peggiori.