La ballata di Iza
Non conoscevo Magda Szabà³ e sono ragionevolmente sicuro che se questo libro non mi fosse stato regalato da una cara amica non l’avrei probabilmente mai letto, risultandone veramente impoverito.
L’autrice ungherese ci racconta una storia se vogliamo comune, la morte di un ex-giudice nell’Ungheria degli anni 60 ed il modo in cui la moglie (anziana donna “di campagna”) e la figlia (affermato medico reumatologo) affrontano tale perdita: è una storia di incomprensione, di incomunicabilità , di raziocinio puro contrapposto ai sentimenti, di logica dove dovrebbe comandare il cuore.
Iza, la figlia, è una donna che non sa dare amore e non sa donare se stessa: sarebbe sbagliato dire che non prova sentimenti, ma spesso non è sufficiente provare qualcosa per farlo percepire a chi ci circonda; Iza, purtroppo, fa costantemente le scelte sbagliate: invece di “alimentare” la madre di ciò di cui necessita, inizia a soffocarne ogni più piccolo istinto legato al passato, trasformandola in una specie di (passatemi il termine) soprammobile senza scopo e senza ambizioni.
Certo, a discolpa della figlia possiamo dire che il suo desiderio sarebbe quello di proteggere la madre, di farla “riposare” dopo una vita di stenti, ma quel che non riesce a capire è che amare vuol dire anche dare ad una persona ciò di cui ha bisogno, non ciò che noi pensiamo sia giusto per lei: è l’assenza di empatia che uccide il rapporto tra madre e figlia e trasforma la madre nell’ombra di se stessa, fino a quando… ma ovviamente non voglio svelare il finale.
Da quel che ho scritto (e da quel che si legge in rete) Iza risulterebbe un personaggio puramente negativo: eppure non ritengo sia così; se la sua incapacità di comprendere la madre è ciò che soffoca il rapporto, non si può certo dire che la madre stessa, per quanto anziana e modesta, faccia nulla per liberarsi o per far capire alla figlia il suo dolore ed il suo malessere.
La figlia, certo, non ascolta e non percepisce, ma la madre non comunica, non ci prova neanche: sicuramente è l’anello debole del rapporto, non ci sono dubbi, ma ciò non toglie che avrebbe potuto e dovuto fare di più.
La narrazione è molto lieve, ma non risparmia alcun tipo di contraccolpo emotivo e di critica ad una società , quella ungherese di quegli anni, ancora troppo divisa tra il passato ed il futuro, tra una nuova generazione pronta a tagliare tutti i ponti col passato ed una vecchia incapace di staccarsi da qualunque cosa.
In tutto questo una sola persona potrebbe “rompere il cerchio”: Antal, ex-marito di Iza, che divorziò proprio quando si rese conto di ciò che davvero era e, soprattutto, di ciò che non era sua moglie e che non ha mai scisso il legame affettivo coi suoceri; Antal è l’unico che, reincontrata la suocera, riconosce i “segni” di ciò che sta succedendo e sarebbe pronto a fornire una via d’uscita, eppure dovrà scontrarsi col momento, con la superficialità , col destino.
Bello ed emozionante, sicuramente non leggero, ma non dubito che a questo punto mi procurerò “La porta”, il romanzo più famoso dell’autrice, per provare ad approfondirla.
Interessante, mi è venuta voglia di leggerlo.
4 p
Ottimo, mi fa solo piacere 🙂