Seta

Dicevo che il viaggio da Parigi ha portato la letture sia di Novecento che di Seta, ma se del primo il giudizio è senza dubbio positivo, nel secondo caso non posso essere così “buono”.

Capiamoci: ho già  detto e ribadisco che Baricco sa scrivere e sa usare le parole, però questa capacità , quando diventa anche autocelebrativa, non può e non deve essere sufficiente nella costruzione di un libro; quando poi il libro consta di un centinaio scarso di pagine, a carattere grande e con enormi spazi tra un capitolo e l”altro magari il lettore può anche sentirsi legittimato a chiedersi se, per caso, il caro autore non l”abbia vagamente preso per i fondelli.

La storia in sé ha tutte le potenzialità  per essere affascinante: un mercante di bachi da seta che si reca, primo in Europa, in Giappone e ne scopre magie, misteri e non si fa mancare neanche la donna misteriosa con la quale scambiarsi giochi di sguardi e poco più nel giro di anni ed anni; ingredienti ben calcolati, certo, ma non bastano sicuramente gli ingredienti più o meno giusti a creare la ricetta perfetta: c’è chi la ottiene, chi crea qualcosa che le somiglia ma ha meno sapore, chi ottiene un intruglio disgustoso e chi (ma questi sono artisti veri) riesce ad ottenere un capolavoro con meno ingredienti.

Baricco, almeno in questo caso, appartiene alla seconda categoria.

Nell”ultima, per essere chiari, io ci piazzo Gaiman, Murakami e Dimitri (se procederà  a dovere) ha un posto prenotato.