Mattatoio n. 5

Strano.

Ecco il primo aggettivo che mi viene in mente dopo aver letto Mattatoio n. 5.

Il pensiero immediatamente successivo è che sicuramente avrò bisogno di un po” di tempo per assimilarlo del tutto.

Perché è così strano questo libro? Per tanti motivi, a partire dallo stile narrativo.

Non stiamo parlando di un romanzo che narra in modo consecutivo una vicenda più o meno disturbante: stiamo parlando di fotografie di una vita in parte reale ed in parte immaginata che hanno come evento centrale una tragedia più che reale, il bombardamento di Dresda, a cui l”autore assistette quando aveva 19 anni.

Un romanzo impossibile da incasellare in un genere: c’è chi lo definisce di fantascienza “solo” perché compaiono viaggi nel tempo e alieni, ma stiamo parlando di una  storia in cui realtà , sogno ed incubo si intrecciano in modo tanto stretto da non permettere di capire dove inizia uno e dove finisce l”altro; per cui cosa è reale in questo romanzo? I viaggi nel tempo del protagonista sono “reali”? O sono mezzi di fuga da una realtà  tanto orribile da diventare intollerabile?

Al lettore il compito di dedurre la sua versione.

Un libro da leggere, sicuramente, ma che non è riuscito a convincermi appieno, non tanto per il particolarissimo stile narrativo, quanto per il messaggio di estrema rassegnazione che viene trasmesso: un messaggio reso evidente da una frase ripetuta tante volte da diventare un mantra (così va la vita) e che trasmette un senso di ineluttabilità  che, semplicemente, non riesco e non voglio fare mio; una rassegnazione comprensibile, sicuramente, ma che non mi sento di condividere.

Aries

Finché potrò continuerò ad osservare. Finché osserverò continuerò ad imparare. Finché imparerò continuerò a crescere. Finché crescerò continuerò a vivere.

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