Dance dance dance
Stavolta ho corso un grosso rischio.
Già, perché leggere un Murakami neanche un mese dopo averne letto un altro è realmente pericoloso.
Pericoloso come lettore, con il timore che ci sia sempre qualcosa che spezzi la magia di una sequenza di libri sempre più belli, ma anche personalmente, perché i risultati emotivi di un romanzo di Murakami rischiano sempre di stravolgere per giorni.
E’ andata bene, forse.
Dico forse perché di nuovo gli effetti ci sono stati e perché, non riesco neanch’io a capire come, mi capita di leggere sempre (siamo alla terza volta) il romanzo di Murakami più adatto al momento in cui mi trovo.
E di nuovo mi trovo nell”imbarazzo di raccontare un libro non raccontabile, dove se mi limitassi alla trama dovrei semplicemente elencare una sequenza di eventi più o meno rari che possono avvenire nella vita di una persona (fatte le debite puliture da elementi fantastici, ovvio).
Ma se non mi limito alla trama mi trovo davanti ad un nuovo viaggio, forse, per la prima volta, con una meta precisa; già , perché se ne “La fine del mondo” e ne “La ragazza dello Sputnik” il viaggio era in qualche modo ben definito e la meta assolutamente imprevedibile, qui la meta, l’obiettivo è l’unica cosa certa: è il modo in cui ci si può arrivare ad essere innegabilmente oscuro.
D’altronde come facciamo a conoscere il percorso che ci può portare a slegarci da una sopravvivenza per riportarci verso una vita degna di questo nome? Come facciamo a sopravvivere al dolore di continue perdite, in alcuni casi percepito solo a distanza di tempo, all’esaurimento emotivo che si può avere dal donarsi agli altri senza ricevere nulla o quasi, per provare di nuovo a vivere realmente, a sentire emozioni, a donare amore e riceverne in cambio?
Come facciamo, ancora, ad alzarci dalla mediocrità di un lavoro fine a se stesso e di una vita che non crea alcuna magia, per tornare a vivere al pieno delle nostre possibilità ?
C’è un unico modo: Danzare, Danzare, Danzare, facendo del nostro meglio, affidandoci alla musica, non permettendo mai che i nostri piedi si fermino ed il nostro cuore salti un battito.
Danzare senza preoccuparci di ciò che dovremmo fare, ma concentrandoci su ciò che sentiamo di dover e voler fare.
Danzare pensando a ciò che è meglio per noi e non a quello che altri si aspettano.
Danzare al nostro meglio e scoprire che, danzando, ci siamo riuniti alla vita, che la nostra Danza ha attirato chi ci appartiene e che non c’è più qualcuno, in un lontano albergo, che piange per noi, ma c’è qualcuno che alle 4 del mattino ci guarda dolcemente sorridendo.
Danzare, danzare, danzare.
felice per quello che leggo 🙂
Felice per il tuo commento 🙂