Felicità ed obiettivi
Una volta una persona a me vicina mi disse che probabilmente io nella vita non sarei mai stato completamente felice: parole forti e che in un primo momento mi fecero reagire non proprio benissimo, ma poi ragionandoci sopra capii cosa quella persona voleva dirmi e mi resi conto che non aveva tutti i torti.
Penso di aver già scritto altrove che per natura sono una persona che cerca di crescere sempre, costantemente, che punta sempre a nuovi obiettivi: ritengo che sia una mia caratteristica peculiare da sempre e che sia andata in crescendo con gli anni; non penso neanche che sia così particolare… probabilmente è comune a molte più persone di quante si creda.
E’ così che funziona per me: ho un obiettivo, a volte più obiettivi, e lotto, sudo, soffro finché questi sono raggiunti o diventano impossibili per qualche motivo (cosa che, per mia testardaggine, riesco raramente ad ammettere); non importa quanto tempo ci voglia, non importa quanta fatica mi costi, non importa cosa devo mettere in gioco: se il mio "prossimo passo" è quello devo fare di tutto per raggiungerlo; e quando lo raggiungo… beh, ovviamente me lo godo, lo incorporo nel mio bagaglio, lo faccio mio… poi mi guardo intorno alla caccia del prossimo: è una cosa istintiva che spesso nasce da sola e, se non c’è un prossimo obiettivo immediatamente a portata di mano, ecco che sopraggiunge l’irrequietezza, lo scazzo, il nervoso, la voglia di rivoluzionare: penso mi sia successo tante di quelle volte in passato che ormai ne ho perso il conto.
Molti di quelli che mi conoscono superficialmente potrebbero scambiare questo modo di fare per una specie di "incontentabilità", ma nulla è più lontano dall’essere vero: una persona incontentabile quando raggiunge ciò che cerca inizia a pensare che non sia davvero ciò che voleva, che, alla fine, non ne valeva la pena, che si era illuso, ecc…
Io, quando raggiungo quel che mi ero prefissato, lo assaporo fino in fondo, lo vivo, me lo godo, lo faccio mio in ogni modo possibile: ma poi lo considero una nuova base di partenza, un nuovo punto da cui continuare a crescere; certo, alcune volte i nuovi obiettivi possono mettersi in contrasto con vecchi punti fermi raggiunti (ed è una cosa successa più volte, sia dal punto di vista lavorativo che sentimentale o privato) e qui può nascere un’inevitabile crisi per decidere quale debba essere la priorità, se quanto già acquisito o quanto sto cercando di raggiungere: quasi sempre ho optato per la seconda opzione e raramente me ne sono pentito, pur avendola a volte pagata salata.
Sia chiaro, non sto dicendo che questo sia il modo migliore di vivere: è il mio, quello che mi viene naturale e che non mi sento di rinnegare in alcun modo; noto però una cosa: molti hanno rilevato come nella storia dell’uomo i grandi progressi tecnologici e sociali siano stati conseguenti a crisi, guerre, rivoluzioni, mentre raramente i periodi di pace sono stati seme di altrettante evoluzioni (esclusa, ovviamente, la pace in se stessa…)… ecco, forse per me, nel mio piccolo, la cosa è simile: dalla sete di nuovo nascono grandi cose, prima o poi, dal fermarmi nascono solo ragnatele.
Quindi, tornando al domandarmi se sono mai stato, sono o sarò mai felice, mi sento di dire che se la felicità consiste nel crogiolarsi beatamente in ciò che si hai, senza più guardarsi intorno allora non solo non penso che sarò mai felice, ma ne faccio anche volentieri a meno… se invece felicità è essere se stessi, in una continua ricerca di nuovi arricchimenti e godere sia della ricerca (per quanto dolorosa possa essere) che del risultato, allora sì, sono felice di ciò che sono e, probabilmente, di ciò che sarò.
Credo che sia il mio stesso “modus vivendi”, ma io non punto tanto all’obiettivo da raggiungere quanto alla “guerra” intrapresa per ottenerlo, la lotta, l’impiego di tutte le forze a mia disposizione. Posso perdere e non mi importa, ma non senza aver lottato.
(Vedi il mio post su “Il vecchio e il mare”). Sono andata fuori tema? 🙂
Giuly
No, assolutamente, nessun fuori tema 🙂
Penso di essere d’accordo con te: anche se l’obiettivo non viene raggiunto, almeno la lotta ne sarà valsa la pena e ti avrà arricchito.
Avevo letto il tuo post ed avevo notato la similitudine, in effetti 🙂
Io ancora non lo so. Pendolo tra la voglia di darmi altri obiettivi per non annoiarmi e la voglia di accontentarmi di quello che ho per non frustrarmi. Boh…
Capisco… però, ti dico, la frustrazione mi fa MOLTA meno paura della noia, sai?